Palermo affascinantissima, inquietante, inafferrabile, “liquida”. Cammini per chilometri in largo e in lungo ogni volta scoprendo un aspetto nuovo, ma subito dopo anche il suo contrario. Oppure incontri qualcosa che proprio non ti aspetti, che è molto palermitano ma potrebbe anche non esserlo affatto.
Per esempio, sapevate che nella classifica di Virtual tourist questa é la quinta città nel mondo per lo street food e che il Corriere della Sera la colloca al medesimo posto (graduatoria stilata da Forbes) dandole anche il primato tra le città europee?
L’avvocato Davide Bicocchi, patrocinante in Cassazione, cultre di gastronomia ed estimatore di Slow Food, una comunicativa travolgente e quell’approccio positivo alla vita indispensabile per realizzare qualcosa, bolognese, tempo fa arriva in Sicilia per lavoro e si ritrova “innamorato di Palermo e del suo modo di fare ristorazione”. Con un socio – Franco Virga, insieme alla compagna Stefania Milano – mette su, nel centro storico, una ristorante per cucina “popolana” dove ripropone in formato street food alcuni piatti forti tipici della tradizione palermitana. Coonne in ghisa e vetrine in legno, interventi architettonici importanti, il locale fu selleria nell”800 e nel ‘900 valigeria. “Questo spazio ha un’anima”, dice Davide, “ci è piaciuto anche tirarla fuori”.
Le caratteristiche generali dello street food?
“Deve essere legato al territorio per tradizione gastronomica e per l’utilizzo di materie prime semplici, poco costose ma preferibilmente certificate; elaborato secondo ricette antiche però adatto anche a interpretazione originali, creative; servito in monoporzioni confezionate a mano e tali da potersi mangiare ovunque. Infine, avere un prezzo sensibilmente inferiore rispetto a un abituale pasto e saper dare una sensazione di benessere oltre che di sazietà”.
E fu così che il cibo povero divenne leccornia
“Infatti. Oltretutto lo street food, con le sue ricette messe a punto in cui ci si cibava più per sopravvivere che per gustare, risponde perfettamente alle raccomandazioni di medici e salutisti. Ripropone sapori di tempi andati, ma al contempo offre la possibilità di mangiare rapidamente – magari per strada, appunto – a tutti noi che già oggi siamo perennemente afflitti da mancanza di tempo, e in futuro lo saremo sempre di più”.
Le aree dove questa cucina è più apprezzata?
“Direi l’Asia, cominciando da Hong Kong, Taiwan e Singapore, dove ci sono chioschetti ovunque. Anche in Spagna le tapas sono molto diffuse. Stuzzicando qualcosa mentre cammini, ti senti un turista anche del cibo, oltre che dei musei e della natura. Per quanto riguarda Palermo, è città ideale: da sempre un crocevia di culture, genti, scambi; nei quartieri popolari, per esempio a Ballarò, esiste tuttora l’abitudine di cucinare per strada”.
Il tipo più frequente di estimatori?
“Direi un po’ tutti, dal professionista allo studente, e turisti, casalinghe, intellettuali, impiegati, operai, artisti. Contano anche i prezzi bassi e la materia prima eccellente. Parlerei di cucina social, ecco.
Una cucina multietnica, multiforme e…multitasche“.
VIVA LA CUCINA MEDITERRANEA
Il Canazzo, uno “street food” tipico palermitano
Ingredienti per 4 persone:
2 cipolle rosse
4 patate medie
1 peperone
2 pomodori rossi medi (o dei pomodorini)
2 melanzane medie
menta
basilico
sale e pepe
olio extravergine
Preparazione: tagliare tutto in modo grossolano.
Soffriggere la cipolla con l’olio extravergine di oliva per un paio di minuti, aggiungere le patate, mescolare e fare cuocere per dieci minuti circa. Aggiungere in pentola il resto degli ortaggi: peperoni, melanzane e pomodorini.
Versare l’acqua fino a coprire le verdure e coprire con un coperchio. Lasciare cuocere per 20 minuti circa.
Aggiustare di sale e pepe. Una volta pronto, aggiungere un po’ di menta e di basilico fresco.
(Ricetta dello chef Fabio Cardilio)
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