ROMA. – “Progettare case belle e al contempo capaci di non inquinare l’ambiente, né consumare risorse non riproducibili, pronte, anzi, a catturare il sole, il vento, l’energia della Terra: questo orientamento accomuna oggi la maggioranza degli architetti e progettisti sia nei Paesi occidentali, sia in alcune grandi economie emergenti come il Brasile, la Russia, l’India, la Cina e il Sud Africa”, dice l’architetta Antonella Cantaro. Laureata a La Sapienza, con tesi in Urbanistica, esercita la libera professione a Roma, occupandosi di progettazione edilizia e urbanistica, di architettura di interni, certificazione energetica e stima del valore immobiliare.
Da sempre, obiettivo degli architetti è creare la bellezza del vivere. Si può dire che questo concetto equivalga oggi al benessere ambientale?
“Sì, anche le normative internazionali ci impongono di arrivare al 2020 avendo edifici a energia zero, cioè che non abbiano bisogno di combustibili fossili per riscaldarsi. Rispetto al passato, abbiamo il vantaggio di disporre di strumenti di indagine e di analisi molto superiori, e di lavorare in stretta collaborazione con geologi, ingegneri, altri professionisti in settori affini. Direi che siamo tutti accomunati da una sorta di tensione nuova, e che la ricerca deve integrarla, verbalizzarla, elaborarla anche sotto il profilo estetico e formale”.
Nuova in che senso?
“L’architettura moderna nasce in piena rivoluzione industriale. Le case degli anni Cinquanta/Sessanta, ad esempio, avevano involucri leggerissimi, perché alla climatizzazione interna provvedevano combustibili fossili che noi ritenevamo eterni e indistruttibili. A quei tempi non avevamo idea del problema della limitatezza, né dell’inquinamento, né del ricatto di tipo politico e geopolitico strettamente collegato all’uso di queste risorse”.
Anzi, il concetto di sfida ambientale non esisteva proprio
“Infatti è una questione prima di tutto culturale. Dovremmo imparare, tutti, che non debbono essere poche multinazionali a gestire l’energia, ma che noi dovremmo invece essere capaci di crearne e gestirne in quantità almeno sufficiente per soddisfare le nostre esigenze (sia in una villa unifamiliare o una palazzina o un quartiere) e magari superiore”.
Ad esempio?
“Case costruite con materiali ecocompatibili. Scuole che insegnano a costruire abitazioni completamente con balle di paglia. Il colore del pavimento scelto, anche e soprattutto perché permetterà di tenere la luce accesa un numero inferiore di ore. Nuclei famigliari che producono più energia di quanta ne consumano e rimettono l’energia in eccesso nel contatore (un bilancio positivo che porta anche un po’ di soldi).
Quest’ottica coinvolge anche il processo di produzione; dobbiamo fare attenzione a utilizzare materiali che siano (stati) prodotti consumando poca energia.
La tecnologia nel settore, molto avanzata, ci facilita molto. Alcune difficoltà, semmai, vengono dai committenti i quali, sovente per formazione culturale, pensano all’architetto solamente come un professionista garante del buon livello estetico. In realtà il concetto di bellezza si è oggi molto evoluto, assumendo un significato completo e complesso che ingloba il fatto estetico, ma va ben oltre. Esemplari in questo senso le facciate verdi, o facciate/giardino, delle case che sono state realizzate nel percorso di riqualificazione dei quartieri intorno alla stazione Centrale di Milano. Sono ammirate in tutto il mondo; il verde nasce da fioriere sistemate direttamente ai vari piani, non ha un mero ruolo di ornamento, ma durante l’estate ombreggia contro il surriscaldamento e d’inverno permette ai raggi del sole di filtrare in casa”.
Tutta un’evoluzione che presumibilmente finirà con il modificare anche il lavoro umano
“Certamente, nostro intento unanime è evitare uno sperpero delle energie in un settore dove spesso ci sono rischi gravi. Oltre alla serie di azioni di prevenzione, che in questi anni sono state molto sviluppate, la tendenza è cercare di sostituire, laddove sia appena possibile, il lavoro umano con quello di macchinari. Fra i più nuovi ci sono delle stampanti giganti, in grado di stampare – letteralmente e magari già in loco – dei pezzi di muro di un’abitazione che poi verranno montati con gru, montacarichi e altri congegni di uso comune!”.