ROMA – la regola rimane quella classica, inderogabile: solamente i diretti interessati possono spiegare (se e dopo esserne diventati loro stessi consapevoli) le proprie emozioni, reazioni, sintomi. “Nulla è interpretabile se non all’ambito di una relazione all’interno della quale si sviluppa la trama di transfert e controtransfert”, dice la psicoanalista Giuliana Campanella. Coltissima, ironica, problematica, vive in una casa densa e raffinata come lei; fa parte della Società psicoanalitica italiana (SPI). “Di solito”, prosegue, “la psicologia e le varie ‘vulgate’ propongono significati ‘pass partout’, ossia validi per la generalità delle persone, un po’ come per millenni è successo per l’interpretazione dei sogni. In realtà il sogno – diceva Freud – è la ‘porta d’oro’ per entrare nell’universo dell’uomo; per arrivarci, strada maestra sono le libere associazioni che, all’interno del ‘setting’, l’analista deve sapere ‘dissodare’ per mostrare al paziente cose che, nel fondo, lui già sa”.
Medesime considerazioni per la meteoropatia? Ognuno è meteoropatico a modo suo e per ragioni sue?
“Certamente, tenendo tuttavia presente che per la psicoanalisi la meteoropatia come voce, come categoria, non esiste. Anche le reazioni ai cambiamenti del clima devono essere inscritte nelle storie individuali: le risposte variano profondamente da individuo a individuo e, anche quando sembrano accomunare più persone, il più delle volte hanno origini molto diverse se non contrapposte”.
Un esempio?
“La neve a Roma è un fenomeno molto gradevole, oltre che insolito; se stai al calduccio a casa tua, dalle finestre ti godi lo spettacolo dei fiocchi che cadono. Ma se sei un senzatetto, o un immigrato africano che non ha mai visto nevicare, le reazioni sono tutt’altro”
Questa è una constatazione, come dire, obiettiva
“Poi c’è il registro del vissuto personale. Non è infrequente che il brutto tempo solleciti il piacere di stare nella tana, nel nido, in un contenitore tranquillo e sicuro, fino a evocare fantasie di re-infetazione. Una mia paziente ricorda che da bambina, durante le giornate piovose e fredde, era molto felice perché la madre così restava a casa con lei e non la lasciava da sola con la tata. Ad altre persone invece quelle condizioni atmosferiche procurano angoscia, magari per le medesime ragioni, cioè per l’essere ‘costrette’ in casa e in famiglia. Con il cosiddetto brutto tempo, inoltre, viene meno la possibilità di agire all’esterno, vengono meno ‘gli agiti’, intesi quasi come una ‘pseudo-cura’; se ti sei prefisso di correre ogni giorno per un certo numero di chilometri, e non puoi farlo, stai male”
Giornate generalmente brevi, caratterizzate da luce fioca
“Il buio ti fa entrare più in contatto con te stesso e quindi con un possibile senso di vuoto, con la solitudine; può evocare la cuccia calda ma può anche essere vissuto come essere soli al mondo, senza protezione.
Per contro, ci sono molti depressi che non amano il sole, la grande luce: la fatica, la paura di affrontare il mondo esterno. Preferiscono rimanere rincantucciati a volte restando, come dice una mia paziente, ‘sotto la copertina’ a letto.
In definitiva, proiettiamo all’esterno il nostro vissuto. Del resto, nel Romanticismo tedesco, il movimento Sturm und Drang percepiva la natura come una rappresentazione, una sorta di specchio esterno del mondointerno del poeta”
A questo punto è chiaro che non possono funzionare i pass-partout cui alludevi all’inizio
“Forse un comune denominatore esiste, ed è il concetto di cambiamento. Abitualmente parliamo infatti di ‘cambio’: di stagione, di vestiti, di clima – dal caldo al freddo, dall’umidità al gran vento alla grandine al solleone e così avanti. I cambiamenti implicano sempre una separazione; molte persone vivono il cambiamento in sé e per sé con profonda angoscia. Nella realtà tutta la nostra vita è punteggiata di continui cambiamenti, cioè di separazioni: prima ci si separa dal corpo della madre con la nascita, poi dal seno della madre con lo svezzamento, quindi dalla casa con l’inizio della scuola e così avanti, ogni volta si lascia uno stato precedente per affrontarne uno successivo: fino ad arrivare all’ultima separazione: quella dalla propria vita”.
Leggi la puntata precedente (1): DoveStiamoAndando? A capire perché stiamo male quando cambia il tempo. Intervista a Sandro Mandolesi
1 Comment
Grazie dottoressa Campanella per aver chiarito in maniera semplice il senso e il ruolo della psicologia della psicoanalisi, dandone un’immagine concreta e applicabile alla vita quotidiana.