L’analisi del giornalista Alon Pinkas (pubblicata su Hareez il 20 novembre) sul ruolo del Qatar come mediatore indispensabile nella guerra tra Hamas e Israele mette a nudo le contraddizioni delle politiche internazionali. Chi direbbe oggi che a sostenere il Qatar ci sono oltre agli Stati Uniti anche Isaele, pur criticandolo pubblicamente?
Il Qatar, piccolo e ricco emirato del Golfo Persico noto per le sue immense riserve di gas naturale e petrolio, ha svolto un ruolo cruciale come mediatore nel conflitto tra Israele e Hamas, facilitando negoziati per il rilascio di ostaggi e promuovendo il cessate il fuoco. Ma la mancanza di progressi concreti nella risoluzione di questa guerra che sta logorando il Medio Oriente ha spinto Doha a sospendere la sua mediazione, dichiarando che riprenderà gli sforzi solo quando entrambe le parti dimostreranno una reale volontà di porre fine al conflitto e alleviare le sofferenze dei civili a Gaza.
Questa assenza di un mediatore efficace rischia di prolungare il conflitto, aumentando le difficoltà di raggiungere una soluzione pacifica e portando a un riposizionamento delle leadership di Hamas. In questo contesto, le scelte di Stati Uniti e Israele mettono in luce dinamiche complesse che mescolano pragmatismo e apparente incoerenza.
La comunità internazionale sembra , infatti, cercare “apparenti” soluzioni diplomatiche per porre fine alle ostilità e promuovere la stabilità nella regione. Tuttavia, al di là delle apparenze, agisce spesso con una concretezza che svela profonde contraddizioni.
Nonostante le critiche pubbliche, sia gli Stati Uniti sia Israele hanno scelto di collaborare con Doha, riconoscendone l’importanza strategica.
Il Qatar ha, infatti, mantenuto relazioni strategiche con gli Stati Uniti, ospitando la base militare di Al-Udeid, la più grande base statunitense in Medio Oriente. Inoltre, tra il 2012 e il 2021, ha destinato 1,49 miliardi di dollari in aiuti umanitari e progetti di ricostruzione, spesso con il tacito consenso di Israele. Questi fondi sono stati distribuiti tramite meccanismi concordati con l’ONU e supervisionati da Israele per evitare che venissero utilizzati per attività militari.
“Apprezziamo gli sforzi del Qatar nel fornire assistenza umanitaria alla popolazione di Gaza”, ha dichiarato nel 2022 Benjamin Netanyahu, Primo Ministro israeliano, per poi aggiungere in un secondo momento: “Non possiamo ignorare il fatto che il Qatar continua a finanziare un’organizzazione terroristica che minaccia la sicurezza di Israele“.
Anche gli Stati Uniti hanno sostenuto indirettamente i tentativi di mediazione del Qatar, riconoscendo che Doha ha una leva unica con Hamas grazie ai suoi legami storici e politici. Il Segretario di Stato Antony Blinken, ad esempio, ha affermato che “Il Qatar ha svolto un ruolo cruciale nel facilitare il dialogo tra le parti e nel promuovere la stabilità nella regione“. E poi ha aggiunto: “È fondamentale che tutti i Paesi, incluso il Qatar, evitino di fornire supporto a organizzazioni che minano la pace e la sicurezza“.
Tuttavia, questo appoggio non è sempre stato reso pubblico per evitare critiche interne ed esterne. L’amministrazione Biden, ad esempio, ha bilanciato critiche aperte al Qatar con una collaborazione pragmatica dietro le quinte
Ma quando la mediazione fallisce o solleva polemiche, il Qatar viene spesso additato come capro espiatorio per Israele e altri Paesi occidentali. La narrativa ufficiale spesso nasconde il coinvolgimento diretto degli stessi critici nelle dinamiche di sostegno al ruolo di Doha. Ad esempio, Israele ha permesso più volte l’ingresso di denaro qatariota a Gaza per garantire stabilità temporanea, evitando crisi umanitarie che avrebbero potuto portare a un’escalation violenta.
In conclusione, il Qatar rappresenta un mediatore indispensabile nel conflitto tra Hamas e Israele, nonostante le contraddizioni e le critiche delle politiche internazionali. La sua capacità di mantenere relazioni con entrambe le parti e di facilitare negoziati cruciali sottolinea l’importanza di un approccio diplomatico equilibrato e strategico per perseguire la pace in Medio Oriente.