La scorsa settimana vi abbiamo proposto l’analisi di un editorialista del Jerusalem Post sul difficile rapporto tra israeliani e palestinesi, prima dello scoppio dell’ultima crisi. Abbiamo evidenziato le lontananze politiche, storiche, religiose. Ora invece condividiamo con voi l’intervento di Gideon Levy su Haaretz, secondo il quale il negazionismo è incorporato nelle credenze più primordiali di Israele. Lì, al livello più profondo, si trova il concetto che questa terra è destinata solo per gli ebrei.
“Israele non vuole la pace. Sarei felice di essere smentito, più che per qualsiasi altra cosa io abbia mai scritto, ma purtroppo aumentano le prove in questa direzione. In effetti possiamo dire che Israele non ha mai inseguito la pace: una pace giusta, basata su giusti compromessi da entrambe le parti. E’ vero che il saluto di routine in ebraico è Shalom, pace, – shalom quando si parte, shalom quando si arriva. E naturalmente quasi ogni israeliano potrà dirvi che desidera la pace. Ma non considera che la pace comporta prima di tutto la giustizia, senza la quale non ci può essere e non ci sarà pace.
Gli israeliani pretendono la pace, ma non la giustizia, non prendono in considerazione i valori universali che vi sono connessi. Solo “Pace, pace, quando non c’è pace.”
Ma purtroppo non si tratta solo della pace che non c’è: negli ultimi anni Israele si è allontanata da ogni aspirazione a costruire la pace stessa.
La pace sembra scomparsa dall’agenda di Israele: al suo posto le ansie collettive, costantemente e sistematicamente alimentate, e questioni private personali, che sembrano avere la precedenza su tutto il resto.
Il desiderio israeliano per la pace sembra essersi estinto circa un decennio fa, dopo il fallimento del vertice di Camp David nel 2000, con la diffusione della menzogna che non esista un partner palestinese per la pace, e attraversando l’orribile periodo, intriso di sangue, della seconda intifada.
Ma in realtà, anche in precedenza, Israele non ha mai voluto veramente la pace. Non ha mai trattato i palestinesi – nemmeno per un minuto – come esseri umani, con uguali diritti. Non ha mai voluto riconoscere il loro comprensibile disagio umano e di popolo.
Il desiderio israeliano di pace – se mai è effettivamente esistito – si è consumato in una morte lenta, tra le scene strazianti della seconda intifada e la menzogna dell’inesistenza di una controparte.
Sono rimaste solo una manciata di organizzazioni – tanto determinate quanto inefficaci a fronte delle campagne di delegittimazione montate contro di loro. Israele, dunque, si è trincerata nel suo atteggiamento di rifiuto.
L’evidenza più schiacciante che Israele non cerca la pace è costituita dagli insediamenti illegali. Fin dagli albori di tale progetto, non è mai esistita una cartina di tornasole più affidabile e più precisa riguardo le vere intenzioni di Israele dietro tale particolare impresa.
E’ molto chiaro: i fautori degli insediamenti vogliono consolidare l’occupazione, e chi vuole consolidare l’occupazione non cerca sicuramente la pace. La questione, in poche parole, è tutta qui”.