L’uso delle scuole e altre istituzioni educative per scopi militari da parte delle forze armate e dei gruppi armati non governativi in tempo di guerra mette in pericolo gli studenti e la loro educazione in tutto il mondo. Lo ha dichiarato in uno documento pubblicato lo scorso 20 novembre la Global Coalition to Protect Education from Attack, di cui ha dato notizia lo Human Right Watch.
Le 77 pagine dello studio, Lezioni in guerra: l’uso militare di scuole e altri istituti di istruzione durante i conflitti, esaminano l’uso delle scuole e delle altre istituzioni educative per scopi militari da parte delle forze armate governative e dei gruppi armati di opposizione o filo-governativi durante i periodi di conflitto armato o insicurezza. Le scuole sono utilizzate come caserme, basi logistiche, sedi operative, depositi di armi e munizioni, luoghi di detenzione e di interrogatori, posizioni di osservazione.
“Quando le truppe si insediano in una scuola, la trasformano in un obiettivo sotto attacco”, ha detto Diya Nijhowne, direttore della Global Coalition to Protect Education from Attack. “Quando i soldati utilizzano le scuole e le università subordinano la sicurezza degli studenti alla loro convenienza”.
Paesi di tutto il mondo dovrebbero adottare politiche e leggi per limitare le forze militari e di gruppi armati ad utilizzare le scuole e altri istituti d’istruzione in tempo di conflitto armato.
Tra gennaio 2005 e ottobre 2012 le forze armate e gruppi armati hanno sfruttato istituti di istruzione in almeno 24 Paesi. La lista comprende Paesi in Africa, Asia, Europa, Medio Oriente e Sud America. A volte i soldati assumono il controllo di tutta la scuola, ma spesso ne usano solo una parte: alcune classi, un intero piano, il parco giochi. Così facendo espongono gli studenti ad attacchi e altre violenze. Nel peggiore dei casi, i bambini vengono feriti e uccisi e le scuole danneggiate o distrutte.
La sicurezza degli studenti può anche essere messa in pericolo dal comportamento di soldati poco addestrati o indisciplinati. I rischi includono abusi sessuali, molestie ed esplosione accidentale di ordigni.
Aggiunge Nijhowne: “I governi devono mandare un messaggio chiaro, anche durante i periodi di conflitto armato, l’accesso a una formazione di sicurezza deve essere una priorità; e le forze armate devono rispettare il diritto degli studenti all’istruzione”.
Le conseguenze educative dell’uso militare delle scuole e delle altre istituzioni sono alti tassi di abbandono, iscrizioni ridotte, percentuali più basse di transizione a livelli di istruzione superiore, sovraffollamento e perdita di ore d’insegnamento. Le ragazze sono quelle che subiscono maggior danni.
Scuole e università sicure mitigano l’impatto psicosociale della guerra e proteggono i bambini dal traffico e dal reclutamento da parte di gruppi armati. A lungo termine, una formazione di qualità promuove la pace e la ricostruzione post-bellica e aiuta i giovani a sviluppare le competenze e le qualifiche di cui hanno bisogno per costruire la vita per se stessi e la prosperità per le loro comunità.
Se il diritto internazionale umanitario non contiene alcun divieto generale di utilizzo degli edifici scolastici per scopi militari, esso, tuttavia, vieta alle forze armate e ai gruppi armati di utilizzarli nel momento stesso in cui sono utilizzati da studenti e docenti a fini di istruzione. Secondo il diritto internazionale l’uso militare di un istituto di istruzione può convertirlo in un obiettivo militare legittimo, ponendo studenti e insegnanti a rischio di attacco da parte di forze opposte. Anche quando non c’è attacco fisico, le difficoltà di accesso alle scuole e nelle università, la qualità dell’insegnamento e la possibilità di imparare può portare a violazioni del diritto all’istruzione previsti dal diritto internazionale dei diritti umani.
Tra il 2005 e l’ottobre 2012 i Paesi sotto accusa sono: Afghanistan, Myanmar, Repubblica Centrafricana, Ciad, Colombia, Costa d’Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Georgia, India, Iraq, Israele, Territori Palestinesi Occupati, Libia, Mali, Nepal, Pakistan, Filippine, Somalia, Sud Sudan, Sri Lanka, Sudan, Siria, Thailandia, Uganda e Yemen.