La “guerra del gas” tra Turchia, Cipro e Israele rischia di far saltare Mediterraneo e Medio Oriente se non verrà fermata in tempo. L’Europa, intanto, si sta giocando la fiducia di Erdogan. E’ uno scenario complesso e inquietante che si lega al rischio default dell’isola e alle operazioni di avvio dello sfruttamento di gas e petrolio collocati sotto i suoi fondali.
LA MIA VERITÀ – Libano e Paesi Arabi non staranno a guardare. Mentre le acque del Mediterraneo si intorbidiscono, in Europa il problema diplomatico delle due metà dell’isola si farà incandescente nel 2012 quando la presidenza dell’Unione toccherà a Nicosia. E’ necessario giocare la carta politica e ritentare quel referendum fallito nel 2004 per la riunificazione dell’isola.
Mentre la crisi finanziaria rischia di far saltare l’Europa, pochi si preoccupano di quella mezza isoletta che è Cipro, utilizzata dalla Grecia come paradiso fiscale e di per sé piazza finanziaria offshore. Cipro fa il suo ingresso in Europa nel 2004, ma nonostante sia una Repubblica de iure, di fatto è divisa in due parti: l’area sotto il controllo effettivo della Repubblica di Cipro, che ruota nell’orbita di Atene, e la zona turca al nord, riconosciuta solo dalla Turchia, che si autodefinisce Repubblica Turca di Cipro del Nord a seguito dell’invasione del 20 luglio del 1974.
Nell’ultimo anno attorno all’isola la tensione è cominciata a salire. La crisi politica ne nasconde un’altra ben peggiore legata alla finanza e al petrolio. A fianco dei nemici storici, i greci cristiano ortodossi e i turchi musulmani, sullo scacchiere degli interessi europei e americani si è insediato Israele. E al momento si stanno muovendo anche arabi e russi. Tutti più o meno benefattori molto più che meno interessati.
La corsa al gas è cominciata nel giugno 2010 con la scoperta di un giacimento di 450 miliardi di metri cubi a 130 km dalla costa nord di Israele, chiamato Leviathan. Secondo Charles Davidson, presidente della compagnia Noble Energy di Houston (partner del gruppo israeliano Delek Energy) e responsabile della scoperta, con tutto quel gas Israele ha le carte in regola per diventarne un esportatore naturale.
Subito la notizia ha provocato la reazione del Libano, per il quale il giacimento rientra anche nei suoi confini marittimi, e ha creato il problema di come esportare il gas. Il modo più economico sarebbe un gasdotto che colleghi Israele alla Grecia, alla Bulgaria e all’Italia e ad alcuni Paesi dei Balcani, ma i costi economici diventerebbero enormi e l’impresa sarebbe realizzabile solo se uno o più Paesi si impegnassero all’acquisto per molti anni.
A complicare la situazione è inoltre un accordo, che Israele ha firmato, a settembre di quest’anno, con Cipro per avviare le trivellazioni nelle acque a sud ovest dell’isola. L’accordo prevede la concessione per lo sfruttamento di 1.250 chilometri quadrati sotto i quali giace una parte del gas scoperto dalla Noble.
La reazione di Ankara è stata immediata, perché gli interessi energetici si mescolano all’ambizione turca di proporsi come Stato-guida dei musulmani nel Mediterraneo. Di conseguenza le relazioni diplomatiche con Israele, ai minimi storici dopo il tentativo, nel maggio del 2010, della “Freedom Flotilla”di forzare il blocco navale israeliano sulla striscia di Gaza, sono a rischio.
Ma sul gas il premier turco Erdogan è stato chiaro: risorse per tutta l’isola o niente. Della partita è anche la Russia di Putin che, fallito l’accordo con Papandreu per finanziare il debito greco, ha sborsato 2,5 miliardi di euro per sostenere quello cipriota. E’ facilmente intuibile una contropartita greca in termini energetici. Ma allora Atene ha dovuto rifiutare l’aiuto russo, a spese dei suoi cittadini, per aver già promesso a qualcuno il suo petrolio?
In risposta alle proteste turche, il presidente cipriota Dimitris Christofias lo scorso primo ottobre ha dichiarato che le perforazioni sui fondali continueranno, a dispetto dell’opposizione di Ankara. “Il diritto di Cipro alla ricerca di depositi all’interno della sua Zona Economica Esclusiva (Zee) non è negoziabile e ogni interferenza esterna è inaccettabile”, ha ribadito.
Intanto il quadro è questo: gli israeliani schierati con la loro aviazione a protezione dei greco-ciprioti; la Turchia in allerta con quattro fregate, tre navi porta-elicotteri e una nave appoggio con a bordo le unità speciali per la difesa e per gli attacchi subacquei; la flotta navale russa, costituita dalla portaerei Admiral Kuznetsov, pronta a muoversi dal Mar del Nord verso il Mediterraneo orientale il prossimo 19 novembre.
2 Comments
ma bravaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
che documentazione!!!!!!!!!!!!!!complimenti