Palermo. Marco Betta (foto di Rosellina Garbo) ovvero il privilegio del mestiere più bello del mondo: la musica. Archetipi mediterranei nutrono composizioni colte e cosmopolite, il gusto minimalista metabolizza echi di antichi canti mediterranei a voce sola, il rigore atonale rimanda ad ataviche mescolanze di culture.
“Palermo come ultima città dell’Occidente e prima dell’Oriente”, sorride lui, come sempre curioso del mondo, disponibile, affabile. E inquieto. Inquieto quanto può esserlo, appunto, un artista che per tutta la vita ha respirato l’aria sontuosa e tragica di questa città difficilissima da abitare e impossibile da abbandonare. Codici che da sempre accompagnano la sua musica: “Perciò è abbastanza naturale che le mie scritture di suoni (dice proprio così, scritture di suoni: non partiture o spartiti ndr) siano quali appunti di un diario, una successione di fotografie, appunti, visioni, osservazioni, memorie – un modo per disegnare la mia terra, ombre colori sfumature profili architettonici”.
Studi di composizione al Conservatoio e di lettere classiche all’università di Palermo, primi lavori pubblicati poco più che ventenne con Ricordi poi con Sonzogno, da allora inviti ed esecuzioni in enti e festival di tutto il mondo. Direttore artistico (1994-2002) del Teatro Massimo di Palermo. Autore di colonne sonore di film come W la libertà con Toni Servillo, Il manoscritto del principe, Viaggio segreto (tutti con regia di Roberto Andò), di lavori televisivi (fra cui Aldo Moro presidente e Maria Montessori una vita per u bambini entrambi con regia di Gianluca Maria Tavarelli), di musiche di scena per il teatro (Paolo Borsellino essendo stato, regista Ruggero Cappuccio), di opere liriche (la prima fu Il fantasma della cabina, da un testo di Andrea Camilleri, fra le successive ci sono Natura viva con libretto di Ruggero Cappuccio e Sette storie per lasciare il mondo, opera per musica e film composta con Roberto Andò).
Sul come creare colonne sonore, Marco Betta tiene corsi sia al Conservatorio di Palermo, dov’è titolare della cattedra di Composizione, sia la Master of Music che si svolge alla Louiss di Roma. Lo schema abituale di insegnamento prevede una parte teorica generale, un laboratorio tecnico, un corso monografico. “Ma quel che soprattutto mi interessa”, spiega, “è la fase creativa: evocare il senso di vertigine che l’autore prova nel momento in cui dà forma a una creazione sonora, osservare la eculiare capacità che ha la musica (sia essa applicata che pura) di esprimere compiutamente, profondamente, la personalità e le idee del suo autore”.
I programmi immediati di Marco sono tutti a Napoli. Il 18 settembre, al San Carlo, prima esecuzione assoluta di una sua composizione per tromba sola, Segni, interludio e 12 frammenti dedicati alla pittura di Stephan Anton Reck, direttore d’orchestra e autore di quadri astratti, che raccontano musica attraverso tutto un gioco di suggestioni forme colori volumi. Soltanto di recente Reck ha deciso di esporli; prima mostra a Napoli, palazzo delle Arti, vernissage lo stesso giorno del concerto. Il 18 ottobre, poi, la stagione sinfonica del San Carlo si aprirà con Cieli notturni, composizione che Betta ha dedicato a Gabriele Ferro e all’orchestra del teatro.
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Grandissimo artista. La profonda sensibilità e la leggerezza di cui è capace ne fanno un interprete unico. Che privilegio conoscerlo e poterne apprezzare la bellezza.