“Devo andare a vedere, devo andare là”. Là Dove la terra brucia. Maria Grazia Cutuli, curiosa, cocciuta, arrabbiata, appassionata del proprio mestiere, del mondo e degli uomini che lo popolano; Maria Grazia, meno appassionata dei governi e meno ancora del potere; Maria Grazia Cutuli, giornalista, è morta in un agguato dieci anni fa, sulla strada che porta da Jalalabad a Kabul, in Afghanistan. Per non dimenticare, Paola Cannatella e Giuseppe Galeani hanno raccontato la sua vita in una graphic novel, pubblicata da Rizzoli Lizard.
LA MIA VERITÀ – Riesce difficile raccontare Maria Grazia con distacco, essendo stata, con Matteo Scanni e Armando Trivellini, la prima collega a immergersi nei dettagli della sua vita, filmando e producendo il video-docu “Il prezzo della verità”. Ma, dieci anni dopo quel 19 novembre 2001, e dopo tutta la retorica che è passata sotto i ponti, questo libro ci fa vedere Maria Grazia così com’era, senza filtri. Una donna sanguigna, fragile, appassionata. In una parola, viva. Come tanti giornalisti, in giro per il mondo o incollati alle sedie delle redazioni, non sanno essere e non saranno mai.
“C’è stato un momento in cui non si faceva altro che parlare di lei, a casa nostra. Come si sarebbe mossa in questa situazione? Come si sarebbe comportata?” Paola Cannatella e Giuseppe Galeani sono colleghi di lavoro, compagni nella vita. E Maria Grazia Cutuli, adesso, è un cemento in più che li lega. “Abbiamo anche litigato perché, durante la lavorazione del libro, non sempre eravamo d’accordo”, rivela Giuseppe. Paola sorride: “Ma erano litigate sane perché interrogarci su un gesto, su una parola, ci ha aiutato ad avvicinarci alla persona, non al personaggio raccontato dai media”.
Dove la terra brucia, infatti, non conosce retorica. Nelle tavole, disegnate da Paola e sceneggiate da Giuseppe, Maria Grazia vive la sua vita quotidiana con passione e contraddizione. Vive interrogandosi sui destini di uomini e donne incontrati per la via, dall’Africa al Pakistan, sbraitando contro il grande circo mediatico e le pretese più assurde delle committenze, condividendo con i colleghi obiettivi di viaggio, idee, risate, arrabbiature colossali.
Il tratto della Cannatella è chiaro, limpido, essenziale e gentile allo stesso tempo. Le parole in bocca a Maria Grazia sono il più realisticamente vicine al carattere della donna, alle sue intemperanze e fragilità. Non a caso, proprio per restituire verità al racconto, la sorella di Maria Grazia, Donata, in questo libro ci ha messo lo zampino con una supervisione attenta e scrupolosa, e una postfazione che desta sorpresa (Donata non ha quasi mai voluto parlare in pubblico della sorella giornalista). Non solo. Gli autori hanno lavorato per un anno intero, andando fisicamente alla ricerca di tutte le persone che hanno conosciuto Maria Grazia, o che, lavorando sul suo caso, l’hanno introiettata a tal punto da sentirsela più che vicina.
Del resto, anche Paola Cannatella non è esente da questa sindrome inevitabile, quella di sentirsi Maria Grazia addosso. Dice, con quel suo accento catanese: “Ogni tanto mi viene in sogno o io sogno di essere lei. Allora le parlo: sto facendo bene? Cosa ne pensi?”. Se arriva in sogno vuol dire che approva. Maria Grazia Cutuli non è mai stata più viva di così.