
Torna a proporsi il divieto di indossare l’hijab nei luoghi pubblici, senza che ce ne sia alcun bisogno: questo tipo di velo, infatti, non impedisce di vedere il volto di chi lo indossa e quindi di identificarlo, diversamente dal niqab (che lascia scoperti solo gli occhi) o dal burqa (che cela anche quelli con una rete).
Nessuno di questi tre termini, nel Corano, indica mai un capo di abbigliamento. Gli ultimi due sono addirittura del tutto assenti, mentre il primo vuol dire sempre e soltanto “tenda” o “tendina”.
Altri due sono i termini dell’arabo coranico usati in materia, che tuttavia non si capisce bene cosa dicano di coprire: probabilmente i seni (“e dì alle credenti di far scendere i loro manti sul petto”), ma le interpretazioni sono varie e contraddittorie. La più diffusa, tuttavia, risale a un detto del Profeta stesso, che ritiene possibile che una donna pubere mostri soltanto il viso e le mani. In fondo, non tanto diversamente dalle statue della Vergine Maria e da molti ordini di suore cristiane.

L’intransigenza in materia l’ha dimostrata finora in Europa solo la Francia, che del laicismo (non della laicità) ha fatto una specie di “religione” di Stato.
Sembra dunque paradossale che forze politiche che si ispirano ai tradizionali valori di Dio, Patria e famiglia (naturale) si avvicinino pericolosamente a una posizione piuttosto giacobina. Proibendo anche il semplice hijab nelle scuole pubbliche, il Paese d’Oltralpe ha dovuto per forza vietare anche altri segni di appartenenza religiosa troppo “ostentati”, senza che si possa definire in centimetri quanto possa essere grande una croce appesa a una catenina per risultare accettabile.
Quel che è certo è che molte ragazze di origine islamica si sono sentite rifiutate, abbandonando gli studi o rifugiandosi nelle scuole cattoliche. Un bel risultato per la scuola della République: se una famiglia le affida sua figlia, pur col foulard, l’istituzione educativa si sente minacciata, come se quel che più importa non fosse ciò che l’insegnamento contribuisce a “mettere” nelle teste delle discenti, ma quanto si trova sopra o attorno ad esse. Ne emerge una sconsolata constatazione: non importa che siano idee di destra o di sinistra, basta che siano bizzarre e creino consenso a prescindere. Come si dice in Veneto: “Se no i xe mati, non li volemo” (Se non sono matti, non li vogliamo), a sottolineare l’assurdità di certe scelte.