L’imposizione di una nuova tassa in Libano, di poco più di 20 centesimi, sulla prima chiamata effettuata dagli utenti dell’applicazione WhatsApp, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Dal 17 ottobre scorso, il popolo libanese è sceso in piazza per urlare la sua rabbia contro un governo sordo e assente.
E proprio il giorno prima delle manifestazioni, il pittore libanese Ali Hassoun lasciava Milano – dove vive con la sua famiglia – per atterrare a Beirut. Doveva andare per discutere i dettagli di una mostra in programma nel 2020 e dipingere per un progetto itinerante che coinvolge altri artisti, ma, di fronte al caos di quei giorni, è sceso nelle strade della città per osservare ciò che stava accadendo.
“La gente chiede che non ci sia più l’interferenza della religione nella politica – spiega Ali – vuole cambiare un sistema basato sulle etnie religiose. Il popolo vuole uno Stato laico che rispetti i diritti del singolo”.
Quasi 2 dei 5 milioni di cittadini libanesi sono andati almeno una volta nelle strade a manifestare. Ali dice di aver visto molte donne: “Rispetto al passato, c’era una presenza femminile massiccia. La maggior parte di coloro che proponevano cambiamenti erano donne e quelle intervistate dicevano cose molto interessanti che mi sono piaciute”. Il pittore seguiva i manifestanti ogni giorno: “Ho fatto foto, ho parlato con la gente, ho assorbito l’energia che c’era sul luogo. Mi sono fatto travolgere da questa cosa perché è tanto che inconsciamente l’aspettavo”, conclude soddisfatto.
Negli ultimi dieci anni il Libano ha dovuto affrontare numerose crisi: la fornitura insufficiente di energia in tutto il Paese, per esempio, ma anche il flusso di oltre un milione e mezzo di rifugiati siriani dall’inizio del conflitto in Siria e la difficile gestione dei rifiuti. Dopo 13 giorni di manifestazioni ininterrotte, il 29 ottobre scorso, il Premier Saad Hariri si è dimesso. Nonostante ciò, le proteste continuano, non solo a Beirut, ma anche a Tripoli, Sidone, Tiro, fino a toccare Baalbek e Nabatiyye, tradizionali roccaforti del partito-milizia Hezbollah. Il popolo libanese vuole un governo di transizione che promuova riforme politiche ed economiche, ma soprattutto che porti ad elezioni anticipate e ad una nuova classe politica al potere.
Hurriyyah (Freedom. Acrilico su tela 207×257. Beirut, ottobre 2019) è l’ultima creazione di Ali Hassoun, nata nei giorni di protesta in Libano, poco prima che cadesse il governo. L’artista l’ha dipinta a Beirut, nello studio di un’amica, non lontano dalle strade e piazze dove si manifestava.
Cosa è scattato in te prima di iniziare a dipingere e cosa hai voluto rappresentare con questa tua opera?
“Le proteste sono arrivate al momento giusto e a sorpresa. Non potevo che non prendere la tela, i colori ad acrilico, portarli in studio, sistemarli e dipingere questo nuovo quadro che ho realizzato nel giro di una settimana.
Ogni giorno, la mattina presto, prendevo l’autobus con l’entusiasmo di un bambino. Partivo dalla zona di Hamra, dove vivevo temporaneamente e, nonostante i posti di blocco e le difficoltà, in circa mezz’ora arrivavo oltre il porto, nello studio della mia amica Pascale”, racconta il pittore. Ed è proprio in quello studio che Ali ha portato le sue emozioni per metterle sulla tela.
Hurriyyah è un termine arabo che significa libertà: “Sento la necessità di questa libertà, non solo in Libano, ma anche nei Paesi vicini, principalmente quelli del Medio Oriente. Questa idea di libertà va al di là della religione, al di là dell’appartenenza etnica. E’ un sogno e, con la caduta del governo, diventa veramente plausibile, realizzabile”.
In primo piano, il ritratto di una donna, che da un lato tiene il pugno alzato – simbolo della Rivoluzione – dall’altro sorregge una bandiera libanese. Avanza elegante con scarpe di color rosa (era vestita così un’amica che ha fatto da modella ad Hassoun). Le scene e gli elementi che la circondano riguardano i primi giorni della proteste, quando bruciavano le gomme. C’è un filo spinato, i cellulari accesi sullo sfondo, le nuvole di fumo che fanno intravedere la mappa del Libano.
Hurriyyah è andata sui social e ha avuto una visibilità enorme in tutto il Paese. “Abbiamo voluto farla vedere subito”, dice l’artista. “Ho saputo che verrà storicizzata e insegnata anche nei libri di scuola e questa è una cosa che mi fa enormemente piacere”.
Tornato a Milano, testimone delle recenti manifestazioni e del malcontento dei suoi connazionali, Hassoun resta positivo e vede un futuro per il Libano. “ Dopo questo grande movimento, ho fiducia, comunque vadano le cose. Ci vorrà tempo, ma il Libano si trasformerà e spero che diventi una guida per i Paesi del Medio Oriente, per la convivenza di tante confessioni religiose e soprattutto per un’idea di uno Stato laico che tenga conto dei diritti del singolo”.
Molte opere di Ali Hassoun sono ora esposte a Milano, nella mostra “Crossover”, curata da Angelo Crespi e aperta fino al 24 novembre presso Mondadori Megastore di Piazza Duomo. Hurriyyah non sarà presente, perché resta a Beirut, dove è stata creata, in attesa di essere esposta in un palazzo importante e simbolico della capitale di un Paese trasformato, diverso e “libero”.
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