
Molto si sta parlando della politica dei dazi del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ma non avendo alcuna nozione di mercatura, mi limito a leggere i pareri contrastanti di chi almeno ne sa qualcosa più di me. Anche se, francamente, giungere a qualche conclusione sensata pare arduo, se non altro perché si tratta di una vicenda recentissima e ancora completamente in fieri.
Quel che precede, accompagna e in fondo conclude la questione – e molte altre correlate – è invece la semplice constatazione che, da uomo d’affari quale è, il neo Presidente degli Stati Uniti ha un approccio binario a ogni problema: vendere o comprare. Quest’ultima parrebbe l’opzione principale per due territori che in comune hanno soltanto la lettera iniziale: Groenlandia e Gaza.
La prima è la regione meno densamente popolata della Terra, fa gola per le risorse del suolo, appartiene (de iure) a un trascurabile regno (la Danimarca) di un trascurabile continente (l’Europa) e, de facto, dalla Seconda Guerra Mondiale è militarmente controllata dagli americani e quindi non si presenterebbero ostacoli insormontabili a un eventuale, per quanto bizzarro, acquisto. Cosa che però non è del tutto nuova nella confederazione a stelle e strisce (vedasi Louisiana e Alaska).
(Video di Andrea Gastaldon)
Per quanto riguarda Gaza, invece, a parte una citazione egizia che risalirebbe ben al XV secolo avanti Cristo, si tratta di una città con circa 1500 anni di storia, dove sono stati ammassati un paio di milioni di arabi palestinesi, se possibile messi ancor peggio dei propri analoghi di Cisgiordania. L’idea di comprarsi una fetta di uno Stato che non è mai sorto, implicando di fatto lo svuotamento della maggior parte dei suoi abitanti, per farne una Costa Azzurra del Medio Oriente, si può spiegare forse dal denaro che “The Donald” ha più in testa che in tasca.
Sarebbe meglio dire che il denaro gli ha dato alla testa… Come quantificare, infatti, una cifra che sia proporzionata a una simile storia, a un simile popolo, alla tragedia in cui è coinvolto da decenni insieme al confinante Israele? ‘Palazzinaro’, passi, ma basta cancellare poche lettere al termine per trovarne tutt’altra definizione, tenendo conto del livello minimale che ci si aspetterebbe da un Capo di Stato.
La ‘cancel culture‘ che tanto lo scandalizza e pare sia stata uno dei fattori di debolezza dei suoi avversari, capace di orientare non pochi voti su di lui, troverebbe in questa ‘non soluzione’ una delle sue più eclatanti realizzazioni. Della sua ‘imprevedibilità’ si è spessissimo discettato, ma in questo caso si potrebbe parlare di un disturbo ossessivo-compulsivo, che non a caso già si segnala nel discorso sulle ‘terre rare’ dell’Ucraina in cambio di una ‘pace’ che assomiglia sempre di più a una vendita all’incanto.
Come si sa, Donald è anche il nome originale di Paperino, personaggio di fantasia cui si perdonano stranezze d’ogni tipo, augurandosi che, al solito, se la cavi per il rotto della cuffia, magari con l’aiuto dei tre nipotini. Tuttavia se con Qui e Qua intendessimo i Paesi europei, purtroppo finiremmo sicuramente nel peggior qui pro quo della storia di un lungo dopoguerra il quale – pur con varie crisi e l’incombente apocalisse nucleare che ha impedito alla Guerra Fredda di finir male – non ha mai rischiato di tradursi in una squallida farsa come quella a cui stiamo assistendo.