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Oggi, vi proponiamo una breve introduzione sui concetti di cittadinanza e diritti umani nella società islamica.
Esiste da sempre nell’Islam (soprattutto sciita) la possibilità di operare “Ijtihad” (sforzo intellettuale) per comprendere e applicare nel vero senso (inteso secondo la giustizia divina) le leggi della sharia nel Corano.
A questo scopo, si sta adoperando l’intellettuale e religioso sciita Ahmad Qabanji per riformare tali leggi “Ahkam” alla luce del tempo presente.
Il profeta Mohammad stesso operava “al ijtihad” per enunciare i suoi verdetti. Il testo coranico rappresentava anche la Costituzione generale del suo tempo. Un esempio è quello che successe nella città di Medina, dove molti ipocriti “munafiqin” erano entrati nell’Islam per convenienza ed il profeta ne era consapevole. Sappiamo che Il testo coranico prescriveva la guerra contro i politeisti e gli ipocriti. Ma il profeta scelse di congelare il testo per quanto riguardava gli ipocriti e di combattere i politeisti.
Qabanji conclude che il Corano è un testo costituente generale, spetta al governatore emettere le sentenze. I dotti hanno sempre eluso il testo per poter applicare le sentenze alla luce della cultura del loro tempo e per poter decidere la sua validità in un determinato momento storico o circostanze emergenti. Ci sono sempre state delle eccezioni possibili.
Alla luce di questa premessa storica, Qabanji deduce che al nostro tempo ci sono delle eccezioni importanti, come la parità tra uomo e donna. E’ la necessità del nostro secolo! Allo stesso modo la cittadinanza “muwatana” è uno degli aspetti più necessari ed urgenti da definire. Egli spiega che con il termine cittadinanza s’intende che tutti i cittadini sono uguali nei diritti e nei doveri, che siano essi musulmani o cristiani, sciiti o sunniti, uomini o donne.
Le difficoltà di applicazione di questi concetti stanno nel fatto che la sharia islamica pone delle differenze tra uomo e donna. Ci sono delle contraddizioni nella posizione dei dotti, dei quali la maggioranza abbraccia i vecchi concetti. E’ questo il motivo per cui vediamo una doppiezza nella presa di posizione delle società islamiche, dei governi e dei religiosi per quanto riguarda i diritti umani.
In pratica il divorzio è sempre nelle mani degli uomini, che hanno il diritto di sposarsi fino a quattro donne; la donna eredita la metà rispetto all’uomo e la sua testimonianza vale la metà dello stesso. Qabanji si chiede dunque: dov’è l’uguaglianza? Tutti gli Stati islamici aderiscono alla carta universale dei diritti umani, ma in pratica non riescono a liberarsi del fardello pesante della loro eredità storica.
“Ora non abbiamo più bisogno delle leggi religiose della sharia, ma della Costituzione. Dovremmo sospendere le disposizioni del Corano e la Sunnah nel campo del governo e delle pratiche statali al costo di abolire alcuni “Ahkam” della sharia. Dobbiamo andare oltre, superando la “sharia” e adottando le leggi del governo civile e dei diritti umani”. Questo, secondo Qabanji, è il vero giudizio rivelato da Dio, in risposta a chi lo accusa di aver disobbedito ai dettami del Corano. Egli dice che a disobbedire alla volontà divina è chi non adotta i diritti umani.
Altro tema molto discusso è quello dell’apostasia: i religiosi invocano l’uccisione del “traditore” rifacendosi al senso letterale del Corano, ma i giovani intellettuali e religiosi musulmani pensano, invece, che la volontà divina stia nelle intuizioni della coscienza umana più profonda “al Wujdane”.
Qabanji conclude dicendo che la parità tra uomo e donna ed i diritti umani rappresentano la volontà divina. La giustizia di questo tempo consiste nella democrazia, nella libertà, nei diritti umani, nella pluralità e nell’uguaglianza. Il concetto vecchio di giustizia della società maschilista del tempo della “Jahiliyya” (era dell’ignoranza) deve essere sostituito con il concetto di giustizia contemporanea.
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