“Quelle non sono barche, journalist, sono rottami. E nessun sano di mente si metterebbe là sopra di sua volontà”. Questa frase dà il senso di cosa significa rischiare la vita per lasciare il proprio Paese, martoriato dalla guerra e dalla povertà. Da qui è partita la giornalista freelance, Valentina Tortelli, per il suo e-book “GRAZIE A DIO, storie di uomini e donne r/accolti dal mare. Racconti veri, di persone, di mare e di speranza”: ovvero le storie degli ospiti presso il Centro di accoglienza di Falerna Marina gestito dal consorzio di cooperative sociali CalabriAccoglie, durante l’attesa per il riconoscimento di uno status che gli consenta di godere della protezione internazionale.
”Nonostante l’assurdità di chi si trova costretto a fuggire due volte, i ragazzi nutrono un’infinita speranza nei confronti della vita e del nostro Paese. “Alhamdulilah” esclamano in continuazione, “Grazie a Dio” in arabo. Da qui prende il titolo l’ebook”, si legge nel comunicato stampa della giovanissima casa editrice digitale Asterisk Edizioni. Abbiamo intervistato l’autrice.
Come nasce l’idea di questo libro?
L’Emergenza Nord Africa ha portato con sé una serie di “situazioni-tampone”, tipiche di tutte le emergenze. A Falerna Marina, nel Comune di Catanzaro, un residence per turisti si è trasformato a stretto giro in un centro di accoglienza per richiedenti asilo e la cittadina calabrese è stata “invasa” da ragazzi africani in fuga dalla Libia in guerra. La perplessità dei locali era tanta, ma tanta era anche la loro curiosità. E la riversavano su noi giornalisti, che, per ragioni di cronaca, al centro di accoglienza ci eravamo già affacciati. Così è nata l’idea: far conoscere attraverso storie di vita, il quotidiano di queste persone. Praticamente provare a mettere a contatto due mondi completamente diversi tra loro e che, loro malgrado, si erano trovati improvvisamente a vivere fianco a fianco.
Come è stato il primo incontro con i protagonisti del tuo libro?
Il primissimo incontro è stato accompagnato da un’auto della polizia “in borghese”. Erano gli albori del centro, nel 2011. C’era molta circospezione e si temeva per la sicurezza. Buona parte di questi sentimenti d’allarme si sono rivelati ben presto infondati luoghi comuni. Quasi subito ho deciso che sarei andata a trovarli da sola, pericoli non ce n’erano. I ragazzi (richiedenti asilo, nda) hanno accolto di buon grado la mia presenza: molti sono venuti spontaneamente a raccontare la propria storia, qualcun altro si è fatto invitare, qualcuno è rimasto in silenzio. Mi hanno subito ribattezzato journalist, e trattata con rispetto. Ho finito per andare al centro tutti i giorni, per quattro mesi. Spesso anche di domenica, nel tardo pomeriggio, nei giorni torridi e in quelli di pioggia battente. Non volevo perdermi neanche una istantanea delle loro vite, volevo registrare il più possibile, per trascrivere, per raccontare.
Quali sono le loro storie?
Quasi tutte le testimonianze che ho raccolto parlano di una doppia fuga: la prima dal Paese di origine (Africa Occidentale) alla Libia e la seconda dalla Libia in rivolta verso l’Italia e dunque l’Europa. La prima è spesso una fuga dovuta a persecuzione politica, religiosa, carestia, povertà, disaccordo con le tradizioni familiari. In Paesi estremamente poveri e anche estremamente tradizionalisti, per i giovani si aprono poche prospettive oltre quella della fuga. La seconda è invece una fuga dalla guerra. In alcuni casi i ragazzi hanno lasciato la Libia volontariamente, in altri riferiscono di essere stati forzati a imbarcarsi dai soldati di Gheddafi. In entrambi i casi si tratta di abbandono indotto, anche se mosso da cause diverse.
Qual è la storia che più ti ha colpito?
Ce ne sono tantissime di storie, una per ciascun profugo. Nel libro ne ho raccolte una decina. Quella che mi ha segnato di più è anche l’unica in cui il protagonista è riportato con il suo vero nome. Elzedine, 34 anni, è morto schiacciato con la sua bici sulla Statale 18, dove stava pedalando. Pochi giorni prima di morire, a lui – somalo – era stato riconosciuto lo Status di Rifugiato, la protezione “massima”. Significava un permesso di soggiorno di 5 anni, rinnovabile e convertibile in permesso di lavoro. Una beffa del destino gli ha tolto la possibilità di nuova vita in Europa. Da morto, Elzedine ha impiegato ben 12 giorni per trovare un camposanto che potesse accoglierlo. In Calabria, ma non solo, c’è carenza di aree interconfessionali nei cimiteri e questo, in una Italia che si appresta rapidamente a diventare multietnica, inizia ad essere un problema.
Come erano le condizioni nel CARA ?
Il centro per richiedenti asilo è una struttura di seconda accoglienza, dove i profughi arrivano dopo esservi stati indirizzati dal punto di sbarco, solitamente Lampedusa. Sono quindi strutture – purtroppo affette da standard nazionali disomogenei – nelle quali viene fornito gratuitamente vitto, alloggio e il pocket money (denaro per piccole spese). Nella struttura che ho frequentato io, ex residence per turisti, i ragazzi disponevano di mini alloggi con cucinino, più catering esterno per tre pasti al giorno. Ciascuno puliva il proprio spazio, le aree comuni erano pulite da una impresa. Tutto sommato una sistemazione più che decorosa. In altre città, la macchina organizzativa dell’emergenza ha trovato loro piccole strutture alberghiere o sistemazioni infinitamente più precarie.
Che vita fanno oggi? Li senti ancora?
Già un anno fa, al tempo della stesura del libro, chi riceveva il permesso di soggiorno provava a partire. Alcuni arrivavano all’estero, molti partivano per Milano o per Napoli e poi rientravano al centro di accoglienza, dove si sentivano meno spaesati. Il 31 dicembre 2012 il Governo ha messo fine al programma di accoglienza “Emergenza Nord Africa”, nonostante l’impossibilità oggettiva di attivare buona parte delle misure, di per sé già insufficienti, previste per la nuova fase, e illustrate nel documento governativo. Non ho più sentito nessuno dei ragazzi.
Qual è la situazione oggi?
Con una proroga di due mesi, il 28 febbraio 2013 è terminato ufficialmente e senza ulteriori rinvii il programma di accoglienza Emergenza Nord Africa. Tra le misure per favorire i percorsi di uscita ci sono anche i programmi di rimpatrio volontario e assistito gestiti dall’Oim e la somma di 500 euro per gli stranieri che lasceranno le strutture. Particolare tutela viene ancora erogata ai minori non accompagnati e alle categorie vulnerabili. Naturalmente anche la gestione post-emergenza ha suscitato da più parti grandi polemiche e spaccature. Meltingpot – associazione che in questi due anni ha promosso attivamente la campagna Dirittodiscelta, battendosi per il rilascio di un permesso umanitario ai profughi in fuga dalla Libia – parla a inizio anno di 26mila migranti dell’Emergenza Nord Africa ancora presenti su territorio nazionale. Un numero eccessivo per essere attivamente assorbito da un mercato del lavoro stagnante, anche attingendo ai fondi della Comunità Europea. Così, i buoni propositi di percorsi d’uscita e integrazione rimangono tali.
Dove si può trovare il tuo libro?
Il libro Alhamdulilah – Grazie a Dio è edito in formato e-book da Asterisk Edizioni. Si può trovare in download sul sito della casa editrice e anche su Amazon, Google Play e Google libri.