L’11 gennaio 1693, Noto, capitale barocca nel Siracusano, fu colpita dal più violento terremoto della storia recente in Europa. Quella mattina, nessuno poteva immaginare che niente sarebbe stato più come prima.
Abbiamo incontrato Sebastiano Deva, art director e Ceo delle startup Innereo e AppTripper e autore e produttore di “Noto. Il giorno della Paura (1693)”, tra i più interessanti film in realtà virtuale che circolano oggi in Italia.
Come è nato questo progetto?
Grazie ad un’importante committenza del Comune di Noto abbiamo prodotto, in realtà virtuale immersiva, un film che si fruisce con i visori. Con la collaborazione di storici e archeologi, abbiamo ricostruito gli eventi che riguardano la storia seicentesca della cittadina di Noto, oggetto di uno dei più violenti terremoti della modernità insieme a gran parte della Sicilia alla fine del Seicento. Parliamo di un evento tellurico che superò gli undici gradi della scala Mercalli, che rase al suolo decine e decine di città e paesi siciliani e che toccò anche la Tunisia. In seguito a quel terremoto, l’antica cittadina di Noto fu completamente distrutta e naturalmente ci furono migliaia di vittime. Quest’insediamento urbanistico distrutto giace ancora nel sottosuolo, i netini dell’epoca operarono un vero momento di resilienza. Infatti, decisero di fare un referendum per cercare di capire se la città, ormai inesistente, dovesse essere ricostruita o se l’insediamento dovesse essere spostato. Decisero di ricostruirla a valle. Noto patrimonio dell’umanità, capolavoro assoluto del barocco siciliano, altro non è che la risposta di un gruppo di persone che investì enormi capitali per costruire la città che oggi conosciamo.
Possiamo dire, quindi, che Noto, patrimonio dell’Unesco, è il risultato di un evento tragico che in pochi conoscono?
Direi di si. È per questo che il Comune di Noto mi chiamò. Conosceva il mio lavoro e mi chiese di realizzare un film che potesse ricostruire quel momento. Abbiamo scelto di creare e ricreare in 25 minuti di film ambienti, castelli, cattedrali e soprattutto personaggi che animavano la città. L’elemento innovativo è stato quello di coinvolgere la comunità attuale. Abbiamo trovato ancora tracce importanti di questo evento che si tramandano da generazioni e hanno mantenuto viva la memoria storica.
Chi sono dunque i personaggi?
Abbiamo fatto un casting chiamando i discendenti di alcune delle famiglie che già all’epoca vivevano a Noto. Si sono presentate quattrocento persone, ne abbiamo selezionate trenta. Con una tecnica chiamata morphing digitale, tutto in animazione 3D, le abbiamo trasformate nei personaggi storici del film. Attraverso queste tecnologie volevamo simboleggiare e restituire una transizione della memoria emotiva da quel momento ad oggi. Il film è naturalmente molto emozionante, proprio perché racconta e fa rivivere il tragico momento del terremoto, l’11 gennaio del 1693. Di recente, è stato presentato all’Archeofilm di Firenze; a breve, sarà inoltre disponibile su una piattaforma di RAI Cinema Chanel; sempre grazie alla RAI sono di prossima apertura alcuni cinema di realtà immersiva, dove verrà proiettato. Per chi volesse poi visitare Noto, lo potrà visionare anche al Museo Civico della cittadina.
In tempi di crisi, come quelli che stiamo vivendo oggi con la guerra in Ucraina, ripenso ad un altro tuo interessante progetto che hai presentato lo scorso settembre a Milano, durante il Salone Internazionale del Mobile. Ce lo vuoi raccontare?
Deepsoundme è effettivamente il progetto presentato alla Design Week di Milano. È molto particolare perché in qualche modo va incontro anche a quello che sta accadendo in questi giorni a tutti noi: ci sentiamo sotto una pressione psicologica (oltre che ovviamente per motivi legati alla sfera personale) per quello che questa guerra sta provocando nella psicologia di tutti noi.
Grazie anche alla collaborazione di 5Vie, associazione molto attiva sul campo dell’innovazione e nell’organizzazione di eventi collaterali al Salone del Mobile, abbiamo portato a Milano questo progetto di intelligenza artificiale dedicato allo stress psicologico, una sorta di trattamento basato su soundscapes personali, quindi su paesaggi sonori che vengono determinati dai dati biodermici della persona. Il contesto è quello di un’esperienza legata all’arte. Abbiamo, infatti, predisposto una saletta all’interno della quale c’era una copia in altissima definizione della “Fornarina” di Raffaello, fornita da un’altra interessante azienda italiana che si occupa di innovazione tecnologica nell’ambito delle riproduzioni digitali delle opere d’arte (fronte futuristico che sta prendendo piede nell’ultimo periodo).
Abbiamo fatto sedere di fronte a questo capolavoro circa un centinaio di persone. Durante l’osservazione di quest’opera, indossando un anello, abbiamo tracciato i dati biodermici della persona, cioè gli elettrotermica data skin, che sono dei dati prodotti dalla nostra conduttanza elettrica attraverso la pelle. Questi dati, che noi produciamo continuamente, corrispondono all’attività di alcune aree del cervello quando siamo impegnati in un’esperienza visiva che ci sta restituendo delle informazioni emotivamente forti. Questo è quello che viene definito dai neuro-scienziati “inconscio in-cognitivo”, cioè non un’emozione di cui abbiamo consapevolezza, ma attività emotive che determinano naturalmente la nostra identità in quel contesto. Sono decine e centinaia di migliaia di dati che noi produciamo, questi dati ci restituiscono anche il nostro livello di stress, in quel preciso momento, ed è quello che poi influisce sulla nostra capacità di attenzione. Noi abbiamo inventato un algoritmo di intelligenza artificiale che interpreta questi dati e restituisce alla persona un paesaggio sonoro basato su migliaia di combinazioni istantanee fino a produrre una colonna sonora particolarmente gratificante dal punto di vista estetico, che influisce sul livello di attenzione. Inserito in questo paesaggio, la persona si predispone meglio durante l’osservazione dell’opera d’arte. Questo ha determinato oltre che il successo, anche una maggiore consapevolezza nelle persone su quanto si è fragili e quanto le nuove tecnologie, che possono sembrare invasive, in realtà possano potenziare e migliorare le nostre capacità. Questo progetto è ancora in corso e presto lo riporteremo a Milano per altre applicazioni.