Egitto, dove essere italiani è un plus

Ancora una volta in Egitto, mia seconda patria adottiva… casuale? naturale? provvidenziale? Dio solo lo sa …

Ph.Silvia Dogliani

Il Cairo – In Egitto essere italiani è un plus. I nostri ‘roboanti’ tentativi coloniali da quelle parti sfiorarono il ridicolo, nonostante varie atrocità, e son stati presto dimenticati. Salvo rari casi di disturbati mentali, sanno benissimo che da noi basta mangiar spaghetti e tifare per qualche squadra di calcio per sottrarsi da discriminazioni ben più comuni e pesanti in altre parti d’Europa.

Tutti si illuminano sentendo i nomi di Antonio e Cleopatra, anche se ignorano che l’ipotesi di spostare la capitale dell’Impero Romano ad Alessandria fu ben più di una vaga eventualità, naufragata con la guerra civile che seguì alle imprese di Cesare. Non siamo mai stati davvero nemici, come del resto neppure verso molti altri, tanto che Umberto Eco confessò in un’intervista di essersi trovato in imbarazzo quando negli Stati Uniti un tassista pakistano gli chiese chi fossero i ‘nostri avversari’.

Piccolo può dunque esser bello… benché tale vantaggio sia stato completamene ignorato dalla nostra diplomazia dopo Enrico Mattei e Giulio Andreotti. L’arto che non usi finisce per rattrappirsi. Cibo e calcio, dunque, oltre ad auto sportive e griffe della moda, restano i nostri migliori ambasciatori un po’ ovunque (e senza grandi promozioni di cui invece avrebbero bisogno le nostre piccole e medie imprese, vera spina dorsale dell’economia dello Stivale), con buona pace dell’arte, della letteratura e della cultura.

Ph. Silvia Dogliani

Eppure si calcola che circa 100mila egiziani studino con passione e profitto la nostra lingua, non solo all’università (dove persino per dottorati la possibilità di un visto e di una borsa di studio restano spesso una chimera), ma fin dalle medie e dalle superiori gestite da ordini religiosi quali i salesiani, i comboniani e i francescani, alcune da cent’anni o giù di lì. Queste scuole sono conosciute e stimate dalle famiglie e dagli allievi – in massima parte musulmani – che sono perfettamente a loro agio fra crocefissi e statue della Vergine, privi di ogni allergia a presepi e ad altri simboli cristiani. La qualità dell’insegnamento, i valori condivisi e l’assenza d’ogni forma di proselitismo sono una marcia in più rispetto a missioni evangeliche, rare e spiazzanti proprio per il loro carattere assai più ‘militante’.

Anche su questo versante sarebbero auspicabili gemellaggi con scuole italiane in cui sussiste un gran numero di figli di immigrati arabi, ma pare che finora nessuno ne abbia voluto approfittare. Così finisce che tecnici italofoni e davvero specializzati preferiscano spesso optare per un lavoro da cameriere sul Mar Rosso, dove con le mance dei nostri numerosissimi turisti arrivano a guadagnare più che col mestiere che hanno imparato (aggiungendovi talvolta qualche avventura sentimentale con ospiti sole e anzianotte).

Arrivato in Egitto in pieno Campionato d’Africa, pur non interessandomi troppo di sport, non ho potuto evitare di prender parte all’entusiasmo locale ben meritato da una Nazionale fra le più forti del continente, notando che le foto del mitico Salah lungo le strade e sulle facciate dei palazzi superano persino quelle del neopresidente della Repubblica.

Leggi anche: Egitto: timori esagerati, rischi veri

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Paolo Branca (Milano, 1957) è docente di Lingua e Letteratura Araba all’Università Cattolica di Milano. Laureatosi a Ca’ Foscari (Venezia) 40 anni fa con una tesi in Islamologia è specializzato nelle problematiche del rapporto Islam-mondo moderno. Nel 2011 ha fatto parte del Comitato per l’islam italiano presso il Ministero degli Interni e il Card. Angelo Scola lo ha nominato responsabile delle relazioni coi musulmani dell’Arcidiocesi di Milano durante il suo mandato. Ha pubblicato tra l’altro Voci dell’Islam moderno, Marietti, Genova 1991, Introduzione all’Islam, S. Paolo, Milano 1995, I musulmani, Il Mulino, Bologna 2000, Il Corano, Il Mulino, Bologna 2001, Yalla Italia! Le vere sfide dell’integrazione di arabi e musulmani nel nostro Paese, Edizioni Lavoro, Roma 2007 e, con Angelo Villa, La vita è un cetriolo… alla scoperta dell’umorismo arabo, Ibis, Como/Pavia 2020. Ha tradotto il romanzo del premio Nobel egiziano Nagib Mahfuz, Vicolo del Mortaio, Milano, Feltrinelli, 1989. Su FocusMéditerranée tiene la rubrica “The Mediterranean I know”.

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