GINEVRA – E se una radice del Pakistan, anzi più di una, fosse nel Mediterraneo? Nella notte dei tempi, il susseguirsi tumultuoso e complicato di regni dinastie imperi genti comprende popoli di origine mediterranea che intorno al 4000 a. C. irrompono nel Sindh e nel Punjab e vi animano quella civiltà dell’Indo di cui raccontano gli straordinari siti archeologici di Mohenjo-daro e Harappa. Mediterraneo, Grecia e Alessandro Magno lasciano il segno: monete greche sono state di recente trovate nel nord del Paese, reperti di piccole città-Stato ellenistiche costellano la strada che scende dal nord verso Karachi.
Unico Paese nato per dare una nazione ai musulmani (“Terra dei puri”) e abitato per il 97% di musulmani: eppure nella bandiera nazionale, di fianco al verde (colore dell’islam) una striscia bianca ricorda le altre comunità. L’alcool è vietato, ma i cristiani vi hanno accesso per legge: a Murrie (nord est di Islamabad) una fabbrica produce birra e alcolici per loro. Dal dicembre 2009 – quando la Suprema Corte riconobbe e ordinò di proteggere gli Hijra, travestiti che in costume femminile ballano alle feste specialmente di matrimonio – i documenti ufficiali prevedono la casella “Altro” di fianco a “Maschio” e “Femmina”: eppure una ragazza può essere uccisa dai genitori “disonorati” dal suo rifiutare un matrimonio combinato.
Complessità strutturale e contraddizioni, potenzialità, interrogativi, emotività – affascinantissimo Pakistan. Sicuro fattore unificante l’islam, pur diviso tra sunniti e sciiti e numerose scuole spesso in polemica se non in contrapposizione.
Un groviglio di genti usi costumi norme, decine di lingue e un numero indefinito di dialetti. “Creata ad arte dagli imperatori Mogol in India per controllare le forze armate, l’urdu (che significa esercito) è simbolo di identità musulmana e di unità nazionale“, ricorda Antonio Donini, già direttore a Islamabad dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento dell’assistenza umanitaria in Afghanistan, oggi Ricercatore Associato alla Tufts University, Boston. “Parlato da oltre il 75% dei pakistani, oggi l’urdu è culturalmente molto importante. Seconda lingua ufficiale è l’inglese, utilizzato principalmente negli atti governativi, negli affari, dalla élite urbana. Diffusa anche la conoscenza dell’arabo. Quasi tutti parlano anche un altro idioma fra quelli presenti nell’area, il più popolare è il punjabi, che trae nome dall’omonima regione e viene a sua volta rielaborato in tanti dialetti regionali”. Come dire che in un Paese dove circa il 40% dei cittadini è analfabeta, ognuno parla come minimo due lingue, anzi tre.
“Nel Punjab agricolo dalla fortissima cultura tradizionale”, prosegue Donini, “Lahore è unanimemente considerata centro culturale e relativamente ‘liberal’. Creata negli anni 50, Islamabad è invece città essenzialmente amministrativa, con statuto a sé come molti capitali nel mondo”.
L’islam ha certamente abolito le caste ma le disparità sociali restano realtà diffusa, a volte molto pesante: “ad esempio a Karachi si alternano zone ricche e bidonvilles; povertà estrema e vasti latifondi nelle campagne del Sindh”. Non pochi e in diverse aree i gruppi di ribelli alle autorità centrali: “Nel Belucistan, gli indipendentisti vengono perseguiti quali terroristi. Ci sono movimenti talebani autoctoni nelle zone a ridosso della frontiera afghana, dove lo Stato è poco presente e dove si svolge il commercio dell’oppio per lo più proveniente dall’Afghanistan; qui risiedono non pochi profughi afghani. Nel Gilgit-Baltistan, regione strategica a ridosso della frontiera cinese e sulla ‘linea di controllo’ che divide il Kashmir pakistano da quello indiano, vive una forte e dinamica minoranza islamica ismaelita (seguaci dell’Aga Khan).
Il distretto Azhad Kashmir ha un proprio governo, presidente e primo ministro eletti dai cittadini per gestire gli affari locali. Stirpe tradizionalmente guerriera i Pashtun, nel Khyber Pakhtunkhwa: centinaia di migliaia di afghani rifugiati vivono intorno a Peshawar dove un tempo c’erano basi dei mujaheddin afghani in lotta contro i sovietici. Regione ex tribale, piuttosto ricca, l’enorme diga Tarbela costruita da imprese italiane; norme ferree e plurisecolari regolano la vita quotidiana – ad esempio l’ospite è sacro e non può essere ucciso neppure se abbia commesso le peggiori nefandezze”.
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Eccellente sintesi, eccellente approccio e excursus tra storia cultura e politica