ROMA. – La libertà del jazz avvolge le architetture severe dell’opera lirica, rivisita arie classiche, le sfronda e ripropone in versione emotivamente più credibile per il nostro oggi. Il fascino dell’accostamento inedito, contaminarsi per continuare a vivere: in natura si chiama lussureggiamento degli ibridi, modo certo per rinvigorire le specie.
In Opjazz – progetto che sulla carta esiste dal 2016 ma nel concreto si è avviato da nemmeno un anno – per la prima volta un vero gruppo jazz suona e accompagna due veri cantanti lirici. Come dire un ibrido in musica; a lussureggiare saranno sia il melodramma sia il jazz.
Il basso Alessio Magnaguagno e il soprano Fausta Ciceroni sono ideatori e voice leader. Entrambi hanno finora ricoperto grandi ruoli classici, in teatri lirici non solamente italiani, ma (questa è una curiosità) entrambi hanno anche recitato, lavorato in alcune popolari fiction televisive, ballato… persino cantato musica leggera. Una molteplicità di esperienze che presumibilmente scandalizza certi puristi ingessati nel passato, ma che di fatto è, oggi, conferma di professionalità.
Medesimo discorso per i musicisti: tutti con diploma in Conservatorio, master, esperienze in teatro, cinema, televisione. Sono: Francesco Carlesi pianista e arrangiatore; Azeglio Izzizzari, batteria; Aldo Perris percussionista, arrangiatore e direttore d’orchestra; Filiberto Palermini sassofonista, arrangiatore; Daniele Palermini, ingegnere del suono. Di recente, OpJazz ha realizzato un CD omonimo (ingegnere del suono Marco Massimi) disponibile su tutte le piattaforme digitali, cioè Youtube, iTunes, Deezer, Amazon, Spotify.
Ci sono delle opere “più facili” da rivisitare in jazz? Quali caratteristiche hanno?
Fausta: “È più corretto parlare di alcuni brani invece che di intere opere: all’interno di ogni melodramma, noi scegliamo infatti determinati pezzi più o meno facili da trasformare in jazz”
Alessio: “Le caratteristiche di un brano per essere riarmonizzato in jazz vanno ricercate principalmente nella struttura, che non deve essere troppo articolata, altrimenti diventa vincolante e ostacola la fantasia del jazzista. Ad esempio è ben facile trasformare in jazz un’aria strofica, o con una melodia ben delimitata; al contrario un brano molto articolato, o con una melodia che sfugge mette a dura prova l’arrangiatore-compositore”
C’è un tipo di pubblico più portato ad apprezzarvi? (che so, le persone colte, o giovani, esperte oppure non esperte di musica, il pubblico delle grandi città o della provincia, in Italia o fuori ecc)
Fausta e Alessio: “Da sempre siamo entrambi persuasi che la provenienza sociale o culturale o geografica non abbia importanza: un buon pubblico è quello che ha orecchio, è capace di emozionarsi e non ha pregiudizi …né cointeressi con qualche agenzia o casa discografica”
Mai ricevuto qualche “ira funesta” di tradizionalisti puri??
Fausta: “OpJazz ha finora ricevuto molto apprezzamento da chi non sa né di opera né di jazz, e rimane piacevolmente sorpreso dalla gradevolezza e leggerezza dell’ascolto. Di più: alla fine dei concerti e degli spettacoli, qualcuno viene sempre a dirci che gli abbiamo suscitato la curiosità di conoscere le opere originali”.
Alessio: “Sì, come ha anche sottolineato il critico Marcello Piras, al di là del gusto personale tutti hanno finito per ammettere che il nostro prodotto è fatto bene, professionale, curato e rifinito. Chiaro che ogni volta hanno concluso ribadendo di preferire l’originale…”
Fausta: “Comunque sono rimasti ad ascoltare fino alla fine”
I vosti programmi?
Fausta: “Un recital con tre colleghi, nell’Aula magna dell’università valdese, impostato su un repertorio d’insieme, cioè solamente duetti e quartetti – nessuna aria, sarà una bella sfida. Mi piacerebbe poi tanto incontrare un produttore abbastanza coraggioso da organizzare una tournée con OpJazz, ma al momento questo è un sogno, non un programma!”
Alessio: “Sto lavorando su tre fronti: uno come attore in una compagnia italoinglese che in tournée nell’autunno-inverno rievocherà i protagonisti della musica dal 1300 al 1500, l’altro nel concerto cui ha accennato Flavia, il terzo per completare con la supervisione di Fausta un libro sull’apprendimento della teoria musicale – destinato a chi, digiuno di musica, voglia imparare a leggerla o scriverla, in particolare agli allievi delle elementari.