After the death of Shokri Belaid, the leader of the opposition movement, Tunisia has been thrown back into turmoil and many international observers have became more skeptical about positive consequences of the so-called “Arab Spring” in this Country.
As we have observed also for Egypt – with the specific role of the Muslim Brotherhood – democracy transition is not a simple process. Countries involved in this transition always show an irregular trend, which could take to strong political conflicts that could erupt in violent acts. What has happened to Shokri Belaid is absolutely to blame and to condemn, but also in this situation we cannot forget what has happened in Tunisia during the last two years and how many things have changed in a new positive way. This was evident also in the Tunisian public opinion reaction, which took place on the Social Media and on Tunisi streets, in a relatively peaceful way. Assassination condemnation and censure were always accompanied by references to Belaid, example and declaration of hope in a democratic future of the Country.
Press freedom – and proliferation – was certainly one of the most important consequences of the “Arab Spring” in all the Countries which have been experienced the 2011 Revolution. It is too soon to analyze the real consequences of this acceleration in mass communication in the Mena Countries. But what we can consider now, is that only two years ago it was not possible even to think that Tunisia would host the United Nation annual Press Freedom Day. But this has actually happened on March 2012 with the name of “Media freedom helping to transform societies“. A title which underlines the fundamental role of communication as a tool for change.
Many things have changed since the self-immolation of Mohamed Bouazizi, that acted as a catalyst in Communication for Social Change process, sparking a revolt across North Africa and the Arab world. In post-Ben Ali Tunisia, the handful of media outlets have multiplied into more than 100 across press, radio, television and web. Tunisia has now a diverse and pluralistic media scene. Over the 2012, more than 10 new radio channels and 5 TV stations started broadcasting in the Country. Active and dynamic internet and digital communications have offered many young Tunisians new ways of voicing their views and new routes for political participation.
Also the role of law followed this openness: the New Press Code abolished prison sentences for criminal defamation, sanctioned a greater freedom of speech and expression and marked a significant progress in the protection of journalists from harassment. It was an important step forward in a Country that, under Ben Ali, has no press freedom with the media strictly controlled by the regime. The New Code, even if with some difficulties, has stipulated the establishment of a new High Authority for Audio-visual Communications. It is expected to propose to Parliament that the new Constitution abolishes the requirement of a permit for publication, and that the launching of TV and radio stations would be subjected to notification processes only.
Although we know that there are many criticism around this project and also that the work on Tunisia Constitution is experiencing a difficult phase, we must consider some elements as positive and try to put them to the attention of the international public opinion in order to reinforce this trend. What often happens in international arena is to focus on violence and on negative aspects of transition, in order to denounce them, but with irrelevant practical consequences. There is a little space for positive experiences in the mainstream media and so there are no international public opinion that can support them.
For instance there are only few people who know that in Tunisia there is a group of young communicators, supported by international NGO, that have been working in a very innovative way in order to foster democracy in their Country. One of their most interesting product is the video “The Return of Dictator Ben Ali“. In 2011 it invited Tunisian people to participate to political life and to elections and – as it is said in the Case Study video published in this page – gave “one millions one good reason to vote”. The video – part of the more general campaign “Engagementcitoyen” – is a perfect example of the importance of communication for social change in Countries that are experiencing a transitional process. It works on the human basic feelings – surprise, fear, rage, anger – in order to catch attention, re-create a situation that people could considered resolved too soon, and make them understand the importance of participation, of remaining involved in action after the enthusiasm of Ben Ali’s fall.
Perhaps also the international community must learn something from this video: after the “Arab Spring” enthusiasm, after so many talks about social media revolution in Mena, we must continue to follow and to really understand what happens if we want to support positive change and human rights.
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Dopo la morte di Shokri Belaid, il leader del movimento di opposizione, la Tunisia sta nuovamente attraversando una fase di proteste e contestazioni di piazza, e molti osservatori internazionali mostrano sempre maggiore scetticismo circa le conseguenze positive della cosiddetta “Primavera Araba” nel Paese. Come abbiamo già avuto modo di osservare in Egitto – anche con il caso specifico dei Fratelli Musulmani – la transizione democratica non è mai un processo semplice. I Paesi che si trovano ad affrontare questa situazione, mostrano sempre un andamento irregolare nei processi di democratizzazione che può portare a profondi conflitti politici, e, in alcuni casi, a dar vita a episodi di violenza.
Ciò che è accaduto a Shokri Belaid è assolutamente da condannare, ma anche in questa situazione è necessario non dimenticare cosa è successo in Tunisia e come molte cose sono cambiate in maniera positiva negli ultimi due anni. Tutto ciò appare evidente anche nella reazione, relativamente pacifica, dell’opinione pubblica tunisina sui Social Media e nelle strade della capitale. Accanto ad una ferma condanna dell’assassinio, e di coloro che lo hanno commesso, sono comparse testimonianze dell’esperienza di Belaid come elemento di speranza in un futuro democratico del Paese.
La libertà di stampa – e la proliferazione di quest’ultima – sono state certamente una delle conseguenze più importanti della “Primavera Araba” in tutti i Paesi che hanno vissuto le Rivoluzioni del 2011. E’ ancora troppo presto per analizzare e valutare le reali conseguenze di questa accelerazione della comunicazione di massa nei Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. Quello che però possiamo già considerare e valutare è che, solo due anni fa, sarebbe stato impossibile anche solo immaginare che la Giornata per la Libertà di Stampa, organizzata dalle Nazioni Unite, potesse aver luogo proprio in Tunisia. Eppure ciò è accaduto nel marzo 2012 e con un titolo – “Media freedom helping to transform societies” – che sottolinea proprio il ruolo fondamentale della comunicazione come strumento di cambiamento.
Molte cose sono cambiate dalla morte di Mohamed Bouazizi, catalizzatore del processo di Comunicazione per il Cambiamento Sociale che diede il via alla rivolta nel mondo arabo. Nella Tunisia di Ben Ali i prodotti di comunicazione a mezzo stampa, radio, televisione e web si sono moltiplicati. Nel 2012 più di 10 stazioni radio e cinque canali televisivi hanno cominciato a trasmettere nel Paese. Internet e la comunicazione digitale hanno dato la possibilità e molti giovani tunisini di diffondere il loro punto di vista in maniera sempre più creativa e di partecipare, e sostenere, attivamente la vita politica della Tunisia.
Anche la legge ha seguito questa apertura: il Nuovo Codice della Stampa ha sancito una maggiore libertà di parola ed espressione oltre a segnare un progresso nella protezione dei giornalisti. Si è trattato di un importante passo avanti in un Paese che, sotto Ben Ali, vedeva la propria stampa strettamente controllata dal regime. Il nuovo codice, seppur con non poche difficoltà, ha anche definito la creazione di un’Alta Autorità per le comunicazioni audio-visive. Essa dovrebbe proporre al Parlamento un emendamento alla Costituzione che sancisca l’abolizione della necessità di autorizzazione formale per la pubblicazione a mezzo stampa e preveda la sola comunicazione alle autorità competenti per aprire una stazione Radio o Tv.
Anche se sappiamo che ci sono molte critiche verso questo progetto e che anche il lavoro sulla Costituzione tunisina sta attraversando una fase piuttosto difficile, dobbiamo considerare questi elementi nella loro dimensione positiva, ponendoli all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale al fine di rinforzare questo trend. Infatti, ciò che spesso succede in ambito internazionale, è che ci si focalizzi sugli aspetti negativi e violenti della transizione al fine di denunciarli, ma senza effettive conseguenze pratiche. Di contro viene dato molto poco spazio a quanto di positivo esiste in questi Paesi, così che l’opinione pubblica, non essendone a conoscenza, non può fare nulla per supportare queste esperienze.
Solo pochissime persone sanno ad esempio che in Tunisia un gruppo di giovani comunicatori, supportati da ONG internazionali, ha lavorato in maniera molto innovativa e creativa per rafforzare concretamente la democrazia nel loro Paese. Uno dei loro prodotti più interessanti è sicuramente il video “The Return of Dictator Ben Ali” , che nel 2011 invitava i tunisini a partecipare alla vita politica e alle elezioni e che – come viene detto nel video pubblicato in questa pagina – ha dato “a un milione di persone una buona ragione per andare a votare”. Il video, che è parte di una campagna più ampia denominata “Engagementcitoyen”, è un esempio perfetto dell’importanza della comunicazione per il cambiamento sociale in Paesi che attraversano complesse fasi di transizione verso la democrazia. Esso lavora sui sentimenti umani più semplici – sorpresa, rabbia, paura, ansia – per catturare l’attenzione, ricreare una situazione che le persone ritenevano – troppo presto – definitivamente risolta, e far loro inoltre capire l’importanza della partecipazione, del restare coinvolti nell’azione, anche dopo l’entusiasmo della caduta di Ben Ali.
Forse anche la comunità internazionale dovrebbe imparare qualcosa da questo video: dopo i facili entusiasmi sollevati dalla “Primavera Araba”, dopo tante parole spese sulla cosiddetta “social media revolution” nei Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, è necessario continuare a seguire e capire ciò che davvero continua ad accadere in questi Paesi se veramente vogliamo supportare cambiamenti positivi e diritti umani.