ROMA – Che poi c’è una domanda, alla fine di tutte queste diatribe urlate, di questa malafede troppo ruspante per essere riciclata e rimessa sul mercato: vuoi vivere in un piazzale aperto ai venti del mondo oppure in un cortile a coltivare tradizioni?
“Nell’antica Roma, Tradizione era proprio il piazzale aperto”, ricorda Roberto Lucifero, antropologo per studi, pittore scultore scenografo per passione, creatore-direttore-gestore della Cappella Orsini per professione. “Quello spirito, vivificato dal messaggio cristiano, riproposto dall’Umanesimo e dal Rinascimento, è la cifra della cultura italiana”.
La romanitas si acquisiva non per via etnica bensì culturale, l’interculturalità nutriva istituzioni e ambiente intellettuale. Fra gli imperatori, Tiberio Claudio originario dell’allora Tracia, Traiana o Adriano dall’odierna Spagna, Macrino da Israele, Alessandro Severo dal Libano, Filippo l’Arabo e Filippo II dalla Siria, Romolo Augusto dall’Ungheria; fra i sapienti, Apuleio e Agostino d’Ippona nativi di quella che è oggi l’Algeria, Seneca di Corboda, Publio Terenzio di Cartagine.
Per una qualche affascinantissima combinazione, la Cappella Orsini sorge in linea diretta con i mondi evocati dal marchese Lucifero: all’interno dell’antica chiesa di Santa Maria in Grottapinta, edificio costruito in epoca medioevale sulle rovine del famoso teatro di Pompeo, non lontano da dove Giulio Cesare fu ucciso.

Mediterraneo Ponte o Abisso. Luciano Bonetti
“Intendiamo porci come laboratorio di idee, suggerimenti, provocazioni, proposte che ci vengono dall’esterno oppure che noi elaboriamo per interpretare e magari anticipare le tendenze del pensare di oggi”, spiega Lucifero. Prelevò questo spazio nel 1986 e vi fondò la scuola e studio di arti decorative Accademia del Superfluo, la cui attività proseguì fino al 2003. Da allora, le attività esistenti furono inglobate in un vero e proprio Centro Culturale dotato di biblioteca, spazi per mostre d’arte specialmente contemporanea (ognuna, di norma accompagnata da iniziative culturali in tema) e per recital, concerti, presentazione di libri, spettacoli teatrali, discussioni, incontri”.
Chi vi finanzia?
“Nessuno. Ci autofinanziamo esclusivamente fra privati. Le recenti modifiche all’arredo consentono di convertire l’intero nostro ambiente (dove esistono anche due bar) in un grande contenitore per feste, cene, ricevimenti, momenti che ci ripagano le spese e che in fondo sono culturali essi stessi”.
La stagione 2018/2019?
“E’ cominciata con Madre mediterranea, rassegna approntata in collaborazione con il Tavolo interreligioso del Comune di Roma e Africanpeoplenews ONH. Tema, le migrazioni: quanto altri mai divisivo a causa anche delle matrici culturali diverse che confluiscono nell’Europa attuale. Vogliamo affrontarlo con approccio sano, costruttivo, caritatevoli, anche valorizzando le diverse identità culturali compatibili con il contesto italiano”.

Luciano Bonetti
Si susseguono la rassegna fotografica ‘Ci divide solo il mare ci unisce un unico cielo’ (Giorgio de Camillis), i dipinti ‘Africa on my mind‘ dell’artista sudanese Osman Fayez, un’esposizione didattica sulla identità e cultura Sick. Dal 2 ottobre, una mostra ad altissimo impatto emotivo: Mediterraneo Ponte o Abisso, quadri di Luciano Bonetti, che ai naufraghi morti dentro il mare ha intitolato i quadri probabilmente più impegnativi e importanti della sua creatività. Al vernissage il 2 ottobre, per parlarne interverrà l’arabista Laura Silvia Battaglia.
Dopo Madre Mediterranea?
“‘Pasquino rap festival‘, ovvero l’attualità rivisitata secondo la tradizione romana e presentata con percorso anticronologico: si comincia con Roma che racconta se stessa oggi (più testimonianze del ‘900 e ritratti dei grandi attori di cinema realizzati in stile contemporaneo), si continua con documenti che rievocano il Risorgimento (più ritratti di padri della patria reinterpretati in chiave pop), si conclude a inizio 2019 con curiosità, stranezze, eccentricità, e cortigiane romane, di moda nel Rinascimento. Il cartellone è completo, ma della programmazione successiva preferisco non raccontare…”.
Nell’area mediterranea esistono centri simili al vostro. Quali i tratti e magari anche i problemi peculiari?
“Che noi stiamo in un edificio storico in pieno centro, abbiamo una gestione completamente privata e, pur essendo le mura di proprietà del Comune, siamo normali inquilini, senza vincoli di uso.
Che a Barcellona o in Provenza o altrove la cultura viene veicolata attraverso strutture finalizzate al dialogo con la comunità, e continuamente vivificate con suggestioni provenienti dalla comunità stessa. Roma pare invece una città prosciugata di stimoli culturali; non c’è mercato per produzioni di questo tipo, tanto meno se innovative e non ne parliamo se sperimentali. Non a caso vivono in altre città d’Europa quasi tutti i giovani artisti con cui sono in contatto, per la stragrande maggioranza visibili in rete”.
Tantissimi auguri Luciano. Successi e Fortune. Cristiano Plicato Pittore e Curatore del Museo Scalvini Desio MB Italia