
Addio città un tempo fortunata, tu di belle rocche superbe, se del tutto Pallade non ti avesse annientata, certo ancora oggi ti leveresti alta da terra (Euripide, Le Troiane)
Presto, padre mio, dunque: sali sulle mie spalle, io voglio portarti, né questa sarà fatica per me. Comunque vadan le cose, insieme un solo pericolo una sola salvezza avrem l’uno e l’altro. Il piccolo Iulio mi venga dietro, discosta segua i miei passi la sposa (Virgilio, Eneide)
MILANO – Ma oggi non c’è Virgilio, né Euripide. Solamente le cronache, per testimoniare. Masse scampate a guerre, deserti e razzismi, pulizie etniche, genocidi, fame, malattie; esodi alla mercé di criminali del traffico di vite umane; ribellioni, scontri, freddo, indecenza.Carrette del mare stracariche si arenano su scogli e i corpi di donne, uomini, bambini si inabissano nei fondali. “Sai che pesce è tornato? Le spigole”, dice un pescatore siciliano, “e sai perché le spigole sono tornate in mare? Sai di cosa si nutrono?”.
Migrare segna la storia del mondo, Italia ben compresa. Dall’unità (1860) alla prima guerra mondiale (1915) almeno 26 milioni di connazionali espatriarono. Clandestini, su “vascelli della morte” carichi fino al doppio della loro capienza. Matteo Buozzo, 1884: respinta dalle autorità del porto di Uruguay perché un’epidemia a bordo aveva contagiato mille300 persone. Utopia, 1891: naufragata nei pressi del proto di Gibilterra, 576 morti. Bourgogne, 1898: inabissata nei pressi della Nuova Scozia, 570. Sirio, 1906: sprofondata al largo della costa spagnola di Cartagena, 550. Principessa Mafalda, nave ammiraglia della nostra flotta mercantile, 1927: colata a picco a 90 miglia da Rio de Janeiro, 657.
Oh, volendo continuare c’è Google.
Da sempre l’angoscia impasta infamie, razzismi, dolori, deliri, anche eroismi. Ogni naufragio aggrava sconfitte e fratture. La speranza si sbrindella su fili spinati.

Questo raccontano, i dipinti di Luciano Bonetti esposti in maggio a Bergamo, settembre a Roma, ottobre a Padova. Primo in ordine di tempo, il più grande, di fatto filo conduttore dell’intero ciclo, è Ritratti nel Mediterraneo (olio su tela, cm. 200 x 180). “Ho voluto proprio scrivere “nel” mare, cioè dentro, dove tutti diventano uguali, tutti lottano per sopravvivere e tanti non riescono. Ho ripetuto il titolo in italiano, inglese, spagnolo, greco, arabo, perché di questa tragedia siamo attori tutti, a nord e sud”, riflette l’artista.
La prima pennellata?
“Quasi automatica, alla notizia dell’ennesimo naufragio”.
Cos’è, per te, il Mediterraneo?
“Un confine di acqua fra terre diverse. Come non di rado accade, l’etimologia presagisce il destino: un ponte. Credo anche che dalla risoluzione dei problemi del nostro mare dipenda il futuro della nostra Europa”.

Il riscatto possibile?
“Si. Questi quadri evocano non soltanto dolore, razzismi e sofferenza; ci sono sogni, emozioni, il bacio di rassicurazione a un figlio, l’abbraccio, l’esplorazione, lo sguardo spento dalla stanchezza, l’entusiasmo dell’approdo. Mi rendo conto quanto sia difficile a dirsi, ma in immagini di morte, come lo sono certamente queste, c’è anche bellezza: nella composizione, nei contrasti, nel colore“.
La cromaticità della tecnica a olio garantisce il raccontare emotivo. Finora, Bonetti ha prediletto il collage: vortici di pagine di giornale scontornavano Figuranti storditi dal flusso di notizie, sfondi urbani conosciuti stagliavano imprevisti Gatti neri sornioni, diversi, non conformi – il senso del gatto nero.
Che senso ha fare arte, oggi?
“Quello di sempre: testimoniare sentimenti e temi contemporanei al di là del proprio tempo. I grandi classici, ecco. Ognuno con il proprio linguaggio”.
“Se il Re vi bandisse dall’Inghilterra dov’è che andreste?…Che sia Francia o Fiandra, in qualsiasi provincia germanica, in Spagna o Portogallo, anzi, ovunque non rassomigli all’Inghilterra, orbene, vi troverete per forza a essere degli stranieri. Vi piacerebbe allora trovare una nazione d’indole così barbara che, in un’esplosione di violenza e di odio, non vi conceda un posto sulla terra, affili i suoi detestabili coltelli contro le vostre gole, vi scacciasse come cani, quasi non foste figli e opera di Dio, o che gli elementi non siano tutti appropriati al vostro benessere, ma appartenessero solo a loro? Che ne pensereste di essere trattati così? Questo è ciò che provano gli stranieri. Questa è la vostra disumanità“: così Shakeapspeare in Sir Thomas More, manoscritto inedito per la prima volta esposto (dal 15 aprile) alla British Library, racconta degli ugonotti francesi che si rifugiavano in Inghilterra, e delle proteste contro il loro arrivo.
1 Comment
bello, coinvolgente, emozionante, angosciante e ti prende un senso di impotenza che le generazioni future ci rinfacceranno e ci accuseranno di indifferenza e immobilità.
Bravo Luciano.