Nei giorni scorsi è stato presentato a Roma il libro di Antonella Colonna Vilasi Reportage dal Libano. Tra guerre, servizi segreti e Primavera Araba.
Abbiamo incontrato l’autrice e le abbiamo chiesto di parlarci del Libano e dell’attuale situazione in Medio Oriente, tra guerre, servizi segreti e “Primavera araba“.
Il volume è una testimonianza della storia: dalle tradizioni libanesi sino agli effetti della crisi siriana. Attualmente al centro di complesse dinamiche regionali ed internazionali, il Libano è simile a un mosaico affascinante, ma fragile, dove ogni tessera ha una precisa collocazione.
Che impressione le ha fatto il Libano?
Mi ha affascinato. Credo sia un Paese che racchiude in sé tutto, sia dal punto di vista paesaggistico, sia culturale, è un unicum. Penso alle montagne dei Drusi dietro a Beirut, il mare meraviglioso, la valle della Bekaa, ma anche alle grosse contraddizioni, alle disparità economiche e sociali.
Com’è oggi la situazione politica e sociale libanese?
E’ molto complicata. La Costituzione prevede una distribuzione articolata del potere, che viene suddiviso per ordine confessionale. Il presidente della Repubblica deve essere maronita, il presidente del Parlamento sciita e il Premier sunnita. Alla fine del protettorato francese, il Libano aveva una maggioranza culturale di cristiani maroniti. Ma negli ultimi anni l’ascesa di Hezbollah (Partito di Dio), che da realtà religiosa è diventato un partito politico, ha cambiato la fisionomia del Libano. I seggi conquistati in parlamento sono aumentati e quindi anche il suo potere. Io sono arrivata in Libano a maggio scorso e la notte prima del mio arrivo era stato ucciso un importante rappresentante della comunità sciita del nord del Paese. La situazione a Beirut, dove sono atterrata e rimasta per qualche giorno, era incandescente. Sulle colline dietro la città si sentivano gli spari delle fazioni pro-Assad, contro gli oppositori al presidente siriano. Dobbiamo ricordare che la situazione libanese è indissolubilmente legata a quella della Siria, addirittura in un certo periodo storico (che io delineo brevemente nel mio libro) vi era un progetto di unire queste due Nazioni per formare “la grande Siria”. Ricordiamo anche che il Libano ha vissuto una lunga guerra civile dal 1975 per circa 20 anni, e che solo nel 2005 l’esercito siriano si è ritirato. La presenza siriana economica e politica in Libano è una realtà tuttora tangibile. I libanesi hanno voglia di pace e di sicurezza. Ma la grande paura è che la situazione siriana non faccia precipitare il Libano in una nuova guerra civile.
Come, secondo lei, è stato influenzato il Libano dallo sconvolgimento che ha avuto negli ultimi anni il mondo arabo?
Ha avuto un’impronta forte, secondo me, perché il Libano è un po’ il pensatoio degli intellettuali arabi. Questo ha fatto sì che si accentuasse la ricerca, mai chiusa, di pace in un Paese che veniva definito la “Svizzera del Medio Oriente”. Il Libano era una sorte di lume per il mondo arabo e mediorientale. I cambiamenti che si sono avuti con la “Primavera araba” hanno alzato il livello di attenzione in un Paese dove la multiculturalità è la sua forza, ma anche la sua debolezza.
Quale futuro intravede per il Paese e per i giovani libanesi?
Il popolo libanese vive, secondo me, in una sorta di “carpe diem”, dopo tanti anni di guerra, di stragi e morti. E’ abituato a vivere alla giornata e questa è anche la filosofia dei giovani: vivono con la speranza e nell’attesa che la crisi siriana possa finire presto, benché i presupposti non siano questi come abbiamo già detto. Ribadisco, quindi, che se non si arriva ad una conclusione in Siria, il Libano, e con lui i suoi giovani, rimarrà in una specie di limbo. Vedremo poi cosa succederà a marzo, quando ci saranno le elezioni.
In questi giorni lei ha presentato anche il libro “Islam tra pace e guerra”, che delinea lo stato dei movimenti eversivi islamici e di lotta armata nel mondo islamico: dal Medio Oriente al Nord Africa, Pakistan ed Iran. Un percorso storico, che va dalla caduta dell’impero ottomano ai giorni nostri. I movimenti eversivi che lei descrive, quanto hanno pesato e/o pesano sulla situazione arabo-mediorentale?
Naturalmente moltissimo. Nel mio libro ho fatto una disanima di tutto quello che è successo nel mondo arabo dopo la caduta dell’Impero Ottomano: fondamentalismo, integralismo islamico. Spiego anche cos’è lo sciismo, il wahabismo, il sunnismo e il Califfato islamico. Parlo del conflitto arabo-ebraico dal 1920 alla nascita dell’OLP, di cosa sia l’OLP e di cosa sia stata, della creazione di Fatah, di Hamas degli attentati messi in atto da quest’ultimo, degli Hezbollah. Parlo anche della Jihad o “guerra santa” dei mujaheddin. Chi sono costoro? Pazzi o eroi? E’ questo è il quesito che mi pongo nel libro: eroi, secondo chi crede che immolarsi per la Jihad conduca al paradiso; pazzi per una logica Cartesiana occidentale. Dedico anche molta attenzione all’internazionalismo dei movimenti terroristici, e naturalmente ad Al Qaeda e ai suoi mezzi di reclutamento. Nel secondo volume Islam in Occidente (in prossima uscita) cerco, invece, di porre le basi per la comprensione dell’Islam a casa nostra, con due interviste: una al segretario generale della Comunità islamica in Italia e una ad un ingegnere palestinese, laico, che vive a Roma.
Che importanza hanno le donne in questi movimenti?
Le donne sono molto presenti nei vari movimenti eversivi. Ricordiamo le donne cecene, che si immolano perché spesso i propri mariti, padri o figli lo hanno già fatto, o le giovani martiri palestinesi. All’inizio non era così. Una eventuale partecipazione della donna era quasi sconfessata. Ma con il passare degli anni anche lei si è, però, resa partecipe di questa “lotta armata”.
I servizi segreti internazionali che ruolo giocano in queste regioni?
Un ruolo importantissimo, perché sia in Libano, sia in Siria, tutti sono presenti e tutti stanno giocando la loro partita. Tutti vogliono avere il dominio sul territorio. Il Libano è molto importante dal punto di vista geo-strategico e geopolitico. Confina con Israele, quindi l’interesse è altissimo da parte dei francesi, degli americani, degli inglesi e dei russi. Russi che stanno difendendo la politica di Bashar al Assad. Se dovesse cadere Assad, la Russia perderebbe il suo unico porto nel Mediterraneo. Il presidente siriano è anche appoggiato dall’Iran. Appartiene, infatti, ad una famiglia alawita, quindi sciita, ma è anche sostenuto da una ricca borghesia sunnita e dalla borghesia cristiana siriana. Assad a tutt’oggi è ancora saldo al potere. La situazione è quindi molto delicata.
Sappiamo che è in uscita un suo nuovo lavoro proprio sui servizi segreti, vuole darci un’anteprima?
Il libro in uscita fa parte di una collana dedicata all’Intelligence ed è “La Storia dei servizi segreti italiani”. Il volume è stato pensato in modo che incuriosisse e non annoiasse, perché alla parte storico-scientifica ho affiancato una serie di interviste agli ex direttori dei Servizi segreti Italiani, ed ex capi di stato maggiore, che per la prima volta parlano. Ho intervistato anche Marco Minniti, ex vice ministro degli Interni. Infine un’intervista fattami da Giuseppe De Lutiis, famosissimo storico dei servizi segreti italiani. La letteratura esistente dedicata allo spionaggio è vasta, ma la mia produzione è una novità, perché riporta queste interviste agli ex direttori dei servizi segreti, che hanno sempre avuto il vincolo della segretezza e della riservatezza.
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