Roma – Solamente la paura può indurti ad accettare la drastica limitazione delle libertà personali che è di norma nei regimi dispotici, nelle società arcaiche potenzialmente altrettanto crudeli, e non di rado in determinati ordinamenti all’apparenza democratici, riflette Danilo Moncada Zarbo di Monforte, psicoanalista che vive e lavora tra Roma e Barcellona, dove è direttore clinico dell’istituto di psicoterapia analitica Ramon Berenguer el Gran Barcelona. Ogni struttura autoritaria può sopravvivere solamente incutendo paura, negando sistematicamente – programmaticamente – la soddisfazione dei piaceri individuali. Come ben sapeva e ammoniva Sigmund Freud, un essere umano libero e realizzato non potrebbe non ribellarsi, ma se lo convinci di un pericolo imminente, per un po’ di sicurezza baratterà una parte più o meno importante delle sue possibilità di essere felice.
Questione attale da sempre e, tempo, per sempre
I greci definivano πόλεμος (guerra) la dinamica tra Έρως (pulsione di vita, ricerca del piacere) e θάνατος (pulsione di morte, mortificazione, rinuncia). Più reprimi tutto ciò che è Eros, più potenzi tutto ciò che è Thanatos. Questo meccanismo, che prevede un buon numero di varianti contingenti, per ognuno di noi si avvia sostanzialmente fin dall’infanzia, quando ci insegnano a rinunciare al piacere per uno scopo più alto: è la legge del Super Io, con cui dovrai poi fare i conti per tutta la vita
La cosiddetta “legge del padre”
Ogni volta che programmi qualcosa di gradevole, ti si attiverà una immagine mortifera e ti bloccherai: se mentre stai in vacanza ti entrano i ladri in casa o magari affonda il tuo traghetto? O ti succede un incidente, su strade tanto trafficate?
Tra i principi fondamentali su cui si regge una società repressa c’è la rinuncia alla sessualità, che di piacere è fonte primaria. Il sesso viene imbrigliato, depotenziato, finalizzato alla sola riproduzione: di volta in volta per avere tanti fedeli in più, o tante baionette in più, o tanti operai in più
La Legge del Dovere maledice il tuo diritto a cercare gioia. A questo punto o ti identifichi con il tuo repressore diventando simile a lui, o ti comporti da consenziente rassegnato, oppure muori. Muori dentro
Le frustrazioni generano aggressività e depressioni. L’aggressività può evolversi in tanti modi: ad esempio spostarsi su nemici esterni (c’è sempre un “uomo nero” da incolpare di tutte le infamie), o sublimare in anelito verso l’arte e la spiritualità, o idealizzare situazioni o personaggi (non esclusi governanti, o capi politici). La depressione, tra le tante fughe possibili, sembra prediligere quella nel virtuale: se appena il regime ti permette l’utilizzo della Rete, lì ti butti; Facebook o altri Social – quali Tiktok e Instagram – ti assicura una finta socialità e finte relazioni, anche gli youtuber si moltiplicano. In questo modo ti ritagli una zona di confort (che in realtà è una nuova gabbia) e riesci a continuare la tua vita
Come se ne esce?
Ne esci quando ti rendi conto della trappola, quando guardi fuori.
Significativo quanto accadde in una società fortemente repressiva come la Spagna di Franco, Paese che rimase neutrale durante la ll guerra mondiale e dove nessuno faceva più investimenti. Gli Stati Uniti avendo bisogno di basi militari, prestarono denaro e fornirono alimenti a condizione che Franco allentasse la morsa, acconsentisse a determinate concessioni. A quel punto una parte degli spagnoli, soprattutto studenti, intravidero una vita diversa e possibile; intanto, con i soldi dei connazionali emigrati (specialmente in Germania e in Francia) arrivavano anche i racconti delle libertà che in quei Paesi vigevano; infine giunsero i primi turisti, con i loro stili di vita diversi. E gli spagnoli, finalmente, ritrovarono la speranza.
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