24 novembre. Roma si ferma. Roma appartiene a loro: studenti, precari e lavoratori della conoscenza. Tutti in piazza contro i tagli della politica “lacrime e sangue” e la violenza di un riformismo disumano (foto di Paola de Benedictis).
Se non puoi giocare all’aperto perché l’aria è avvelenata, se ti ammali continuamente e passi più tempo in ospedale che a casa, se attorno i tuoi coetanei muoiono e la paura ti assale, cosa resta dell’infanzia? E se si ruba la spensieratezza ai bambini, che rimane di un Paese? Disillusione. Giancarlo Oliani, cronista della Gazzetta di Mantova e scrittore, ci racconta di quella disillusione che ha ancora addosso. L’ha letta negli occhi tristi dei bambini di Tamburi, il quartiere di Taranto a ridosso dell’acciaieria dell’ILVA.
LA MIA VERITÀ – Quand’anche le operazioni di bonifica attorno alle accaierie andassero in porto, chi restituirà la salute a quei bambini avvelenati? E cosa ne sarà di loro tra 20, 30 e 40 anni? Lì, dove non si può porre più rimedio, almeno si impari in futuro a dire no tutte le volte che la salute diventa merce di scambio.
Arianna Menciassi è una ricercatrice di fama internazionale: 40 anni, laureata in Fisica a Pisa, professoressa di Robotica Biomedica, vive e lavora in Toscana. Al suo attivo ha oltre cento pubblicazioni e le sue ricerche sono d’aiuto per i medici nella chirurgia e nella prevenzione. L’abbiamo incontrata per capire le difficoltà di una donna ricercatrice in Italia e, soprattutto, quelle della ricerca, visto i continui tagli operati nel settore. Tagli che scoraggiano sempre di più i giovani talenti a rimanere in Italia.
LA MIA VERITÀ – Dopo questa intervista mi sono convinta sempre più che le cose funzionano in alcune piccole realtà per la caparbietà, il duro lavoro e la passione dei singoli. Perchè le strutture italiane non danno modo a nessuno, figuriamoci ad una madre, di emergere e di lavorare con serenità.
Poco prima di Natale, in pochi giorni, due senegalesi uccisi e tre feriti a Firenze; un campo rom incendiato a Torino. In questo clima di crescente razzismo cosa ne sarà dei tentativi di integrazione messi in atto a fatica negli ultimi anni da una parte di società e politica?
LA MIA VERITÀ – Perché ci ostiniamo ad usare la parola intolleranza quando si parla di stranieri o comportamenti semplicemente diversi dai nostri? Si tollera ciò che ai nostri occhi assume accezione negativa, e l’immigrato non dovrebbe di certo assumere questo significato. La parola corretta è integrazione.